Ieri si è svolto l’Open Day di Casa Madiba Network. Dodici ore non stop di iniziative, assemblee, concerti, dj set e tanto tanto cibo per tutti i gusti. È stata una giornata sicuramente particolare, appassionata, commossa, vera. Attraversata da tantissime persone, di ogni età, di ogni provenienza. Molti riminesi incuriositi, come riportava anche qualche agenzia stampa, provenienti da percorsi e biografie politiche e sociali differenti ma uniti nella difesa di uno spazio di vita come Casa Madiba e stimolati dalla ricerca di un comune politico e sociale per pensare un cambiamento possibile del nostro modello di sviluppo. Ieri a Casa Madiba c’era la Rimini Degna, quella che dice PRIMA LE PERSONE, un pezzo di città che si è incontrato, che si è parlato, che ha preso una posizione chiara e netta sui fatti di Sabato 26 marzo.
Casa Madiba oggi, come poco tempo fa il Villino Ricci, sono ostaggio delle paranoie identitarie che si traducono tanto in quelle violente delle catene ai banchetti di Forza Nuova davanti ai nostri supermercati nei quartieri dove ogni giorno costruiamo legami sociali, pratiche di mutualismo, solidarietà per tutti e tutte, o dei manichini e delle bandiere sporche di rosso fuori dalle mense o dai centri di accoglienza dei rifugiati in tutta la Romagna ma anche quelle della politica tutta. Compreso anche chi vorrebbe ergersi a rappresentare un mondo variegato organizzato attivamente nel sociale, ma poi però rispetto ai fatti di Sabato scorso, si unisce al coro unanime di condanne e stigmatizzazione oppure fa finta di nulla. Anche queste realtà credono alla narrazione mainstream e dei neonazisti locali (SIC!), che si dipingono agnelli pur avendo agito nel territorio aggressioni di ogni genere e sempre nell’oscurità per più di un decennio, con piena agibilità politica lasciata dai “democratici” e dalle Istituzioni tutte e nell’indifferenza – questa si colpevole – di considerarli quattro sfigati. Questi “quattro sfigati” rispondono perfettamente alle politiche di austerità e di restrizione delle libertà dell’Europa Fortezza, quella ostaggio delle paranoie identitarie, tanto del Daesh (ISIS) quanto dei movimenti di estrema destra. Oscurantismo, paura e terrore. Questo è il loro mondo, un mondo che equivale.
Incredibile che un pezzo del mondo della sinistra possa ritenere che noi siamo così improvvisamente impazziti da aver agito alla luce del sole, mettendo a rischio le nostre vite e la nostra libertà, come facciamo quotidianamente tutti i giorni nei percorsi e progetti che portiamo avanti, pianificando un aggressione ai danni dei neonazisti. Smacchiare il marciapiede con acqua e scope era il nostro scopo, e siamo stati aggrediti con delle catene. Incredibile che nessuno dica vergogna ad una stampa – in particolare quella allineata con la Giunta Gnassi – che da più di una settimana sta sottoponendo ad un vero e proprio processo mediatico questa esperienza sociale e politica che molto ha fatto per gli ultimi della città, quelli invisibili, quelli senza voce, alimentando si, un clima di odio verso un esperienza di liberazione ed emancipazione che ha spostato in avanti il welfare territoriale.
Incredibile che nessuno voglia cercare/agire la verità, perché se si parla di provocazioni, bisogna chiedersi come mai erano lì, a 500 metri da uno spazio sociale antirazzista e da una casa di accoglienza degna che dice “Prima le persone”, senza che la Conad lo sapesse, come ha scritto in rete un dipendente dal momento che l’area dove si erano posizionati era pubblica. Il Comune sapeva? A chi hanno chiesto i permessi? Come mai non c’era un presidio di polizia?
Incredibile che delle scope con manici di alluminio rivestite di plastica rossa, si trasformino in spranghe e che fossimo noi ad avere le catene così come i numeri, 1 contro 30, manco Jeeg Robot d’acciaio. Incredibile come si sia sposata, da chi richiama la costituzione e la non violenza, in toto la narrazione dei neonazi. Rispondere a quesiti del genere o quantomeno porsi delle domande è quello che si chiama trasparenza, avere quelle risposte è quello che dovrebbe fare la buona informazione ma anche la buona politica.
Ma a questa gogna ci siamo abituatati e ci siamo allenati nel corso di questi ultimi anni. Non ultimo con il sequestro del Villino Ricci che segna uno spartiacque importante in questo senso, dal momento che anche in quell’occasione fu costruito un immaginario ad hoc per descrivere e raccontare lo spazio del tutto distante dalla realtà concreta: sporcizia, degrado, brutalizzazione dell’essere umano. Smontato pezzo a pezzo. Da questo tipo di immaginario qui ci siamo dovuti difendere, sempre. A chi fa comodo tutto ciò?
Un’esperienza di coabitazione fra homeless italiani/migranti in uno spazio comunale abbandonato per un decennio ha messo in crisi questa Giunta ed anche la Magistratura. La prima sentenza del GIP, quella del 2 luglio 2015, rigettava infatti la richiesta di sequestro dell’immobile perché seppur in presenza di un vulnus – diceva la sentenza – si trattava di un problema sociale di cui la politica doveva occuparsene. Invece la Giunta Gnassi ha deciso per lo sgombero, allineandosi alle paranoie identitarie e allo stigma sociale degli ultimi della città. L’austerity del PD non rimuove le paranoie identitarie, anzi, risponde ad esse con altre paranoie identitarie decuplicando i problemi. Con quei problemi ci facciamo i conti tutti i giorni, accollandoci molti di essi per favorire la sicurezza e coesione, lì dove odio, paura e terrore si stanno mostrando con tutta la loro forza distruttrice.
L’indifferenza rispetto alle pseudo collette razziste davanti ai supermercati che si svolgono tutti i fine settimana in tanti angoli della città, l’investimento di finanziamenti importanti destinati unicamente alla sicurezza che alimenta paura e restrizione delle libertà, la mancata emersione e lotta la lavoro gravemente sfruttato presente non solo nel Turismo e che trova nel Jobs Act una cornice giuridica perfetta (vedi voucher), l’avvallo di politiche di accoglienza emergenziale, la caccia al venditore ambulante quale espediente per avere il consenso delle lobby del turismo e commercio, la logica dei grandi eventi e della Rimini che viene messa in vendita attraverso il brand #rimining, sono l’altra faccia della medaglia dei razzismi e fascismi che si stanno radicando in questa città e in Europa che non è l’Europa e la Rimini che vogliamo abitare. E questo è il nodo che distingue le diverse attitudini dello stare nella politica dentro la città nella fase attuale, con la consapevolezza che non c’è Rimini e Bruxelles, ma un innesto “algoritmico” per cui Rimini è in Bruxelles.
Ultima cosa, leggiamo che la sfilata di Roberto Fiore di ieri è colpa nostra. Crediamo invece che la colpa vada ricercata nella politica degli struzzi, di chi non ha saputo leggere con occhi nuovi e nella fase attuale, quanto accaduto Sabato 26 marzo e prendere una posizione forte in tal senso, come invece hanno fatto alcune forze politiche che sono pubblicamente uscite a riguardo.
Il mondo che abitiamo purtroppo non è a colori, non è giusto e non è pulito. Ci sono tante disuguaglianze e tanta sofferenza e non vita intorno a noi e poi c’è che chi ci specula sopra offrendo un modello di società antitetico al nostro e la giornata di ieri ne è stata la dimostrazione.
Non nominate invano Madiba e Carlo Giuliani, la loro vita racconta da che parte stavano e che parte avrebbero preso.
Rimini non dimentica Adelio, Nicolò, Luigi! Rimini è antifascista!
#PrimaLepersone – #RiminiDegna – #NoNazi – #NoAusterity
Casa Madiba Network
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”