Siamo contenti che finalmente a più di 40 giorni dell’attivazione delle misure di contenimento, particolarmente restrittive per la nostra Provincia e prorogate fino al 3 Maggio, si sia attivato un servizio docce per le persone che sono in strada, 43 persone ne hanno usufruito in un’unica apertura (venerdì dalle ore 10 alle ore 17) segno evidente di un bisogno più che mai necessario.
Vogliamo tuttavia precisare che abbiamo espresso sia al Comune di Rimini che alle altre realtà della rete delle Unità di strada per le PSD la nostra contrarietà rispetto ad una modalità del tutto emergenziale e improvvisata di organizzare questo servizio dopo 45 giorni di lock down… non 5.
Una città che ospita milioni di turisti, con più di mille strutture alberghiere (2.500 in tutta la Provincia) non è in grado di organizzare un servizio degno per la accoglienza e per l’igiene personale delle persone senza casa che vivono nella Nostra città senza un luogo sicuro, uno spazio di protezione in cui rifugiarsi.
Servono nuove case e spazi per l’accoglienza delle persone senza dimora per sperimentare progetti inclusivi e autogestiti come Casa Don Andrea Gallo Rimini #perlautonomia 2.0, ripensare dalla base i servizi fini ad ora strutturati.
Per queste ragioni abbiamo deciso come associazione di non partecipare direttamente alla gestione del servizio docce – come erroneamente riportato nel testo dell’articolo – ma di supportarlo (visto che le aperture saranno prorogate anche nelle prossime settimane) attraverso la raccolta di vestiario che inizieremo nei prossimi giorni con la #StaffettaSolidale insieme alle attiviste del Guardaroba Solidale Madiba e dell’assemblea provinciale Reddito di quarantena in Emilia-Romagna.
Vogliamo dirlo chiaro e tondo che questa emergenza sanitaria sta evidenziando come, nell’epoca del capitalismo globale, questa pandemia non coinvolge tutta la popolazione nello stesso modo.
Le classi sociali più svantaggiate, le persone senza casa, quelle indigenti sono le più esposte al contagio e le immagini delle fosse comuni che arrivano da Hart Island sono un pugno al cuore, un macigno sulle spalle di tutti noi.
Quello che serve non è una solidarietà caritatevole, ma una solidarietà liberatrice che mette in discussione lo stato di cose e si interroga sul perché di tali condizioni provando a dare delle risposte che siano capaci di produrre un cambiamento.
Per questo pur felici che 43 persone senza casa dopo 45 giorni hanno potuto lavarsi per 15 minuti e avere un kit e un cambio di vestiti, non possiamo non sentire il peso di non aver fatto abbastanza per loro, il peso di chi soffre ovunque nel Mondo.
Stiamo lavorando ad un approfondimento su questi temi attraverso l’utilizzo di strumenti di videoconferenza di cui vi parleremo nei prossimi giorni.
Continuate a seguirci!
Ass. Rumori Sinistri
Leggi l’articolo di Rassegna Stampa di Newsrimini.it