Il lavoro sociale assicura inclusione e assistenza alle persone più fragili di questa società,ora diritti per le lavoratrici e i lavoratori del settore!

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CIAO CARE COLLEGHE E COLLEGHI EDUCATORI… BENVENUTO 2022

Se ne sono andati. È arrivata una chiamata dalla scuola e senza aspettare un attimo hanno accettato. Era la loro occasione. Era la loro opportunità di uscire dal tunnel del lavoro sottopagato e in appalto. Sono laureati e sono in gamba, hanno ripreso gli studi universitari sostenendo gli esami occorrenti per avere la classe di concorso, hanno ricominciato da zero prendendo un’altra laurea magari in Scienze della Formazione Primaria, oppure sono entrati al TFA per diventare insegnanti di sostegno. Sono donne e uomini forti, che hanno voluto scommettere sul loro futuro e che hanno compiuto scelte importanti, anche dal punto di vista economico, nonostante i bassi stipendi erogati dalle cooperative sociali.

Infatti tutto ha un prezzo anche piuttosto salato: 2000 euro le tasse universitarie, 3000 euro il TFA, dai 500 ai 1000 euro i corsi singoli universitari per ottenere i crediti per la classe di concorso, 500 euro i 24 CFU. Molti di loro hanno continuato a lavorare come educatrici ed educatori, hanno risparmiato e hanno stretto i denti per vedere una luce, un futuro. Negli ultimi due anni alcuni di loro sono stati chiamati dalle Graduatorie Provinciali Supplenze (GPS) o tramite MAD e così hanno varcato il portone della scuola come insegnanti. Altre invece si sono messe in regola con CFU e titoli e aspettano la riapertura delle GPS, che dovrebbe avvenire quest’anno.

Tantissimi operatori ed operatrici lasciano il lavoro educativo per un altro impiego o per entrare a scuola come insegnanti. Amano il lavoro educativo ma scelgono altre strade. Si può infatti passare una vita a lavorare come educatore a poco più di 9 euro lordi all’ora e con contratti part-time obbligati?

Le condizioni contrattuali, i bassissimi salari, e l’estrema instabilità lavorativa costringono di fatto molti lavoratori e lavoratrici a lasciare il settore educativo in appalto. La precarietà non è solo contrattuale ma rappresenta una condizione strutturale dell’appalto: è cambio di datore di lavoro ogni 3/4 anni, è cambio di capitolato di appalto e dell’organizzazione del lavoro, è continuo mutamento degli strumenti di rendicontazione del lavoro, è il contratto ciclico o part-time verticale che lascia l’educatore senza reddito o con reddito discontinuo nei mesi estivi.

La precarietà di questo settore lavorativo è profonda e radicata anche nella mente dello stesso lavoratore e lavoratrice che fatica a progettare il proprio futuro, anche a causa di una busta paga che cambia ogni mese, un “minutaggio” che contabilizza ogni singola ora lavorata nella settimana.

Altro che contratto a tempo indeterminato e figura essenziale per l’inclusione scolastica e comunitaria, le cooperative sociali continuano ad avvalersi di lavoratori/trici formati e di esperienza ma estremamente precari e poco tutelati. La realtà è che il lavoro educativo in appalto rappresenta una modalità di esternalizzazione di servizi pubblici essenziali e a ribasso negli stipendi e nei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Siamo i “tappabuchi” dei servizi: corriamo da una parte e dall’altra con la nostra auto e per lo più a nostre spese all’inseguimento di sostituzioni di colleghi, cambi di luogo di lavoro, di utenti affidati, assicurando accompagnamento educativo e assistenza a disabilità e fragilità di ogni tipo.

Dal canto loro le cooperative sociali trovano in continuazione una strada per non riconoscere al lavoratore/trice i suoi diritti, un esempio tra tanti è il riconoscimento del livello D2 agli educatori con titolo, che ancora non è stato riconosciuto a tutti. È sempre la stessa storia.. sul livello D2, e non solo, le cooperative mettono in scena un gioco divisivo che cerca di contrapporre i lavoratori: riconoscono il D2 a coloro che hanno la laurea L-19 ma magari non a chi ha conseguito i 60 CFU.

Il gioco delle cooperative si muove tra piccoli favori al lavoratore che magari ha bisogno di un permesso in più per la gestione di un imprevisto (dato che il nostro CCNL riconosce pochissime tipologie di permesso), e il riconoscimento di diritti che però vengono fatti passare dalla cooperativa come privilegi concessi al lavoratore per buona grazia del datore di lavoro.

Il 2021, nonostante una pandemia in corso che ha mostrato l’importanza del nostro lavoro, ha confermato la tendenza delle cooperative furbette ad abbassare o a non riconoscere i diritti degli educatori e delle educatrici.

È stato un anno che ci ha visti protagonisti di lotte e vertenze importanti su tutto il territorio riminese per l’ottenimento di bandi migliori attraverso l’introduzione dell’educatore di plesso, per il riconoscimento del livello D2, per avere assicurati i diritti previsti dalla legge e dal CCNL delle cooperative sociali, per rivendicare l’internalizzazione della figura educativa a pari salario e diritti dei dipendenti pubblici.

Non ci stancheremo di dire che assicurare condizioni di lavoro migliori per gli operatori significa dare un servizio più stabile e di qualità. Il comparto educativo assicura inclusione e assistenza ai più fragili di questa società, dunque garantisce i diritti costituzionali e la democrazia di questo paese.

Pertanto il 2022 sarà un anno di lotta per non lasciare indietro nessuno e per far riconoscere il lavoro educativo come pubblico ed essenziale nella scuola e nelle comunità territoriali, affinché nessun educatore sia costretto a lasciare un lavoro che ama.

RETE EDUCATORI EDUCATRICI RIMINI / ADL COBAS

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