L’Ansa ieri notte ha diffuso la notizia che c’è stata una prima denuncia, autonoma, di una ragazza di 26 anni molestata verbalmente e fisicamente da tre uomini.
Immaginiamo già come devierà il dibattito: “una sola denuncia?“, “ah, ma è contro ignoti“, “si, ma gli alpini sono bravi“, “erano infiltrati” e tutte le aberrazioni, assurdità e giustificazioni che abbiamo sentito in questi giorni. Come il tema delle generalizzazioni o strumentalizzazioni che come attiviste e donne abusate avremmo fatto.
Le molestie e i comportamenti offensivi che abbiamo visto e subito nelle strade di Rimini durante l’adunata stanno alla base di una piramide della violenza, dove in cima c’è il femminicidio. Fenomeni come il cat calling, le molestie, i fischi, ecc ecc. sono alla base di questa piramide.
Il 22 aprile scorso istituzioni e autorità si dicevano costernate e commosse per l’omicidio di Angela Avitabile, di 62 anni, uccisa dal marito con 12 coltellate nella sua casa a Rimini, ma nulla hanno fatto in termini di prevenzione affinché gli episodi che abbiamo denunciato in questi giorni non accadessero durante l’adunata.
Ci domandiamo, da operatrici/tori sociali, come mai non siano state attivate le Unità di Strada di riduzione del danno, che ad es. troviamo ai Free party – quelli tanto condannati e stigmatizzati – pronte ad intervenire per colassi ma anche situazioni di pericolo.
Ci domandiamo come mai, non sono state previste misure ad hoc, visti i fatti accaduti nelle precedenti adunate, sottovalutando cosa avrebbe portato la concentrazione di più di 400mila persone in città, autorizzate a fare quello che volevano.
La cultura della violenza maschile contro le donne e le persone gender non conforming è permeata nella società ed è legittimata e viene alimentata proprio dalle minimizzazioni che sono state fatte in questi giorni rispetto a certi comportamenti, pochi o molti che siano.
Ora, dire a delle ragazzine di 16 anni palpeggiate da uomini adulti, bianchi, in divisa, che dovevano denunciare subito ai presidi di polizia presenti (difficili da distinguere in mezzo alla folla) non solo è ridicolo ma emblematico di come un problema sociale e culturale, quello della violenza, venga relegato solo ed esclusivamente sul piano formale.
Non esistono fenomeni extra giuridici, sociali, culturali, tutto si riduce a quel che devono sentenziare le carte, alla sfera meramente legislativa e non profondamente politica e culturale come invece dovrebbe essere. Di questo parla e questo ci restituisce il comunicato della conferenza delle donne del Pd intitolato “No ai toni accusatori e qualunquisti” dove addirittura si dissociano dalle dichiarazioni di Non una di meno, “Intendiamo dissociarci da toni accusatori, tesi a incrementare un clima di polemica generalista e qualunquista, che getta un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto e indiscusso del nostro Esercito”.
Inaccettabile discredito è aver lasciato che questi fatti accadessero senza nessuno che intervenisse perché ritenuti comportamenti normali, conformi, leciti. Questa la verità.
Leggendo le reazioni, i commenti, gli articoli della stampa, la minimizzazione passa quindi dal considerare questi fatti come “cose innocenti, complimenti, goliardia”.
Quello che manca però in ogni episodio segnalato, nelle testimonianze video di Fanpage.it, nelle tantissime testimonianze riprese e pubblicate anche dalla stampa nazionale è il consenso, questo sconosciuto..
Resta il fatto che durante l’adunata, a rendere più sicure le strade, il rientro nelle proprie abitazioni, è stato il gruppo di autodifesa transfemminista promosso da Casa Madiba Network, NON UNA DI MENO – Rimini, PRIDE OFF, che ha raccolto testimonianze e dato primo supporto, operando attraverso i telefoni, le chat, i social.
Continuando a costruire uno spazio sicuro nelle strade e in rete.
Le Istituzioni avrebbero molto da imparare dalle forme di autorganizzazione transfemministe.
Sorella io ti credo e non sei sola!
AUTODIFESA TRANSFEMMINISTA Non una di meno / Pride Off / Casa Madiba
*nella foto la conferenza stampa di domenica scorsa all’Arco d’Augusto