Homelessness e whiteness: i due volti della città candidata come capitale della cultura
Dopo la notizia dell’ennesimo incendio in un hotel abbandonato riconvertito in alloggio di fortuna e abitato da alcuna persone senza casa, a cui va tutta la nostra solidarietà, crediamo sia importante prendere parola su questo fatto.
Prendere parola per capire come possiamo collettivamente, come comunità, essere di supporto alle persone senza casa e in precarietà abitativa della nostra città ma anche per ribaltare la retorica del degrado “gli abusivi” che accompagna questi fatti e l’azione politica che segue. Come l’operazione di polizia di ieri in alcune strutture alberghiere a basso costo che ospitano una variegata popolazione di persone senza casa, a volte prive di documenti e molto più spesso lavorator* del turismo, dell’edilizia, badanti, precarie e precari, riducendo così la condizione di homelessness e la precarietà abitativa solo ad un problema di sicurezza sociale e ordine pubblico.
Lo scorso anno sono state diverse le persone senza tetto morte nella nostra città, d’inverno come d’estate, situazioni che raccontano come, al di là dei comunicati stampa sul Piano Freddo dell’Assessore con delega dedicata, assistiamo come ogni inverno in ogni città ad un dibattito sterile che schiaccia una risposta, quella abitativa, che dovrebbe essere strutturale, tutto invece sull’emergenza legata al freddo.
Così, accade che, anziché spostare lo sguardo sul fatto che sono a centinaia le persone senza casa che vivono in alloggi di fortuna nella nostra città, con tutti i rischi ad esso legati, si continua a favorire lo stigma intorno agli “ABUSIVI”, come colpa della condizione a cui si è costrett*, condizione che riguarda un numero sempre più crescente di persone.
Nel frattempo le realtà del sociale che si occupano a vario titolo di marginalità adulta, oltre a vivere una perenne precarietà fatta di de-finanziamenti, istruttorie sempre più frequenti, scadenze amministrative e disbrighi burocratici sempre maggiori, sono ad oggi più frammentate grazie all’azione dello stesso assessorato, in particolare rispetto al Centro servizi a bassa soglia per persone senza tetto, sempre più oggetto di una strumentalizzazione politica che tiene conto di tutto fuorché delle persone a cui questo centro dovrebbe rivolgersi. E per il quale il Comune di Rimini ha ottenuto i fondi dall’Unione Europea.
Sempre su queste realtà del terzo settore spesso si scaricano tutte le problematiche e il lavoro sociale è sostituito dal volontariato, grazie ai vuoti delle politiche welfaristiche delle istituzioni locali e nazionali basate sempre più su un welfare di stampo familistico che poggia sulle spalle/corpi delle donne. Modello reso ancora più evidente durante e dopo la pandemia.
Gli incendi in hotel abbandonati, le persone senza casa decedute non solo per il freddo, non sono fatti isolati, non sono fatti di cronaca riconducibili esclusivamente a settori marginali della popolazione della nostra città, sono fatti che ci raccontano di come una parte della comunità si sia impoverita in questi anni tanto da non aver potuto più garantirsi un tetto sulla testa, di come una parte della comunità abbia subìto l’effetto delle leggi razziste che regolano l’accoglienza in Italia sempre più definita lungo la linea della whiteness.
Per questo dobbiamo continuare ad organizzarci.
Rimanete conness* in rete e nelle strade
UNA CASA PER TUTT*
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