Un corteo pacifico ma determinato chiede verità e giustizia tratto da MELTINGPOT
Il corteo promosso dall’Alto Consiglio dei Maliani in Italia, insieme a numerose associazioni veronesi, è sfilato da Piazza Bra per arrivare al Piazzale della Stazione di Verona Porta Nuova, dove Moussa Diarra è stato ucciso il 20 ottobre da un colpo di pistola sparato da un agente della Polfer.
5mila, in maggioranza persone delle comunità maliane e con background migratorio, arrivate anche da tante città del nord, hanno manifestato, sabato 26 ottobre, la rabbia e il dolore per l’uccisione di Moussa denunciando il razzismo sistemico e istituzionale di questo paese. Molti gli interventi in bambara.
La manifestazione ha fatto tappa, attaccando striscioni, al Tribunale, al comando dei vigili e in Questura per poi concludersi con un sit-in davanti alla stazione dei treni.
“Ucciso la prima volta dallo stato, ucciso l’ultima volta dalla polizia”
Verità e Giustizia per Moussa, ci mancherai
Il comunicato stampa delle realtà organizzatrici del corteo e un video racconto della manifestazione.
Verona, 26/10/2024 – Oltre 5000 persone hanno sfilato per le vie di Verona in un giorno di dolore e rabbia in memoria di Moussa Diarra, il cittadino di origine maliana ucciso domenica 20 ottobre in stazione da un agente della Polfer. Il corteo ha visto la partecipazione di comunità maliane e persone di diversi paesi dell’Africa subsahariana provenienti da tutta Italia, tutte con in mano il ritratto del ragazzo al suono di “Moussa sarei potuto essere io!”.Il video è stato realizzato da Daniele Fusa
Promosso dall’Alto Consiglio dei Maliani in Italia, insieme a numerose associazioni veronesi che supportano persone marginalizzate, il ricordo di Moussa ha attraversato luoghi significativi per la vita delle persone straniere in Italia. Al passaggio davanti al Tribunale, i manifestanti hanno espresso in modo pacifico ma deciso il loro desiderio di un processo giusto.
La legge deve valere per tutti, compreso Moussa e chi ha posto fine alla sua vita. Davanti alla caserma della Polizia Locale, è emerso come la sicurezza in strada sia spesso strumentalizzata politicamente e come l’accanimento verso chi non ha soluzioni abitative faccia parte delle discriminazioni quotidiane che molti affrontano.
Il razzismo strutturale è alla base della morte di Moussa Diarra, costretto a vivere otto anni di sofferenza, precarietà abitativa e sfruttamento lavorativo. Chiedere giustizia per lui significa andare oltre l’accaduto in Stazione Porta Nuova e riconoscere un contesto discriminatorio che opprime le persone straniere attraverso pratiche illegittime e ostacolando l’accesso a diritti fondamentali.
I numerosi interventi hanno sottolineato come il sistema produttivo del nostro Paese si basi su molte persone straniere che, come Moussa, lavorano e pagano le tasse. La loro voce deve essere ascoltata, a partire dal riconoscimento dei diritti fondamentali e dalla necessità di invertire la narrativa che li dipinge costantemente come una minaccia.
Attraversando Lungadige Galtarossa, al passaggio di fronte alla Questura, sono state ricordate le continue umiliazioni subite, tra lunghe attese per il rinnovo o il rilascio di permessi, che condannano a una vita appesa a questi esiti, senza possibilità di uscita nemmeno quando si richiede la cittadinanza.
La situazione a Verona richiama a livello nazionale il rapporto della Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza, evidenziando la profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine italiane e un discorso pubblico sempre più xenofobo, in particolare verso rifugiati e richiedenti asilo.
L’uccisione di Diarra ricorda anche, a livello europeo, il contesto discriminatorio, come nel recente caso di Odair Moniz, un cittadino portoghese di origine capoverdiana ucciso durante un’operazione di polizia a Lisbona.
La manifestazione si è svolta pacificamente, con interventi alternati a momenti di silenzio e persone inginocchiate, in omaggio al movimento internazionale Black Lives Matter.
Nonostante alcuni tentativi di rappresentare il corteo come violento da parte di esponenti governativi e media, i 5000 manifestanti hanno portato pacificamente rabbia e determinazione per le strade della città.
Nonostante il tentativo di chiudere rapidamente le indagini sulla morte di Moussa, le realtà che lo conoscevano, in particolare Paratodos, hanno attivato diverse figure legali per garantire alla sua famiglia perizie approfondite. L’impegno della società civile veronese è stato ribadito: decine di associazioni e movimenti si sono riuniti per ricordare che la città si sta mobilitando per Moussa Diarra.
Arrivato alla stazione Porta Nuova, il corteo ha ribadito che la lotta per verità e giustizia riguardo alla morte di Moussa Diarra continuerà, dichiarandosi pronto a riconvocarsi qualora ci fossero altri casi di razzismo istituzionale. Tra i numerosi cartelli e striscioni lasciati presso il memoriale di Moussa, uno recitava: “La morte ti ha preso senza che ti salutassi, Moussa ora mangerò da solo“.