“Ci sono molti modi di uccidere un uomo…gli si può infilare un coltello nella pancia, togliere il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, ecc. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro stato.”
Scrivo in merito all’articolo de La Voce “A Scuola di Legalità”, in cui si parla di un “partecipato confronto” organizzato dalla Confcommercio di Rimini con gli studenti. Partiamo da questo: io ero presente; forse questo non si può dire dei giornalisti che hanno scritto l’articolo, dato che i contenuti dell’assemblea sono stati mal rappresentati.
Per quanto il giornale possa parlare di un “partecipato confronto”, non c’è stata la possibilità da parte degli studenti di fare domande. Leggasi: nessuno studente, a nessun punto dell’assemblea, ha parlato. Si sono invece susseguiti interventi unilaterali da parte di Indino, del prefetto, del sindaco e di membri dell’arma. Insomma, monologhi, forse soliloqui, e nessun dialogo. Le cose da dire erano però molte, e proverò a delucidarne alcune.
Iniziamo dall’intervento di Gianni Indino, presidente provinciale di Confcommercio.
Il suo discorso si può riassumere in tre punti:
- una carrellata di dati, riassunti sul giornale, riguardanti il “commercio abusivo” (come se il problema dell’illegalità in città fossero le borse contraffatte di Louis Vuitton);
- un tentativo di arruffianamento con parole strappalacrime sulle “vite spezzate a Parigi”;
- una riclassificazione della parola “mafia”, dal suo uso attuale (mafia come organizzazione) ad un concetto di mafia come mentalità (la mafia è la mentalità del sopraffare), poi ripreso dal prefetto Strano.
Dal punto di vista di uno studente, sarebbe forse meglio incentrare il tema della legalità su qualcosa che tocca soprattutto i nostri mondi: il mondo della scuola, dagli stage lavorativi fatti senza coperture assicurative, senza tutoraggio e in aziende che commettono evasione fiscale, al giro di denaro in nero e bustarelle che riguarda le feste d’istituto, al numero eccessivo e non salubre di alunni nelle classi, alla non osservanza delle norme di sicurezza, all’approvazione di bilanci d’istituto contenenti illegalità imposte dallo stato stesso, e così via; e il mondo del lavoro, dall’evasione fiscale delle aziende del territorio, alle mancate retribuzioni, al lavoro in nero gravemente sfruttato, elemento strutturale dell’economia turistica riminese, e così via.
Dal punto di vista di un cittadino, sarebbe forse meglio non parlare di “vite spezzate a Parigi” e di “legalità” seduti accanto al sindaco Gnassi, rinviato a giudizio per associazione a delinquere, bancarotta, truffa e abuso d’ufficio proprio mentre era impegnato a parlare di legalità, mandante in ultima istanza degli sgomberi che hanno colpito diversi senzatetto negli ultimi giorni, anch’essi tentativi di spezzare le vite degli ultimi, buttandoli fuori dalle loro case senza offrire alternative. Non è credibile parlare della Francia, un paese in cui la risposta al terrore è stata “porte aperte” a chi è stato o poteva essere colpito, accanto al mandante stesso di un terrore di stato che ha poi provveduto a sigillare le porte di diversi immobili, riportandoli all’abbandono. Questo per il rispetto di una legalità finta, sconnessa dalla giustizia sociale. E se la mafia è sopraffazione, quella del manganello e della schedatura mi sembra la più evidente e pericolosa in città.
Veniamo quindi al nostro sindaco, secondo oratore di rilevanza.
A primo impatto, ho storto il naso. Da anni sento dire che non si può parlare di politica a scuola da presidi e professori; mi viene da chiedermi, allora, perché è stato permesso ad Andrea Gnassi di fare propaganda elettorale davanti a circa 200 studenti.
Dico questo poiché oltre alla frase di esordio, “la legalità è libertà”, il resto del suo discorso è stato un lungo auto-elogio su come sua Eccellenza sostiene il turismo (tralasciando che il settore turismo è in calo), sta ricostruendo le fogne (tralasciando che il progetto era in discussione prima della sua amministrazione), ha cambiato i parcheggi sulla riviera (no comment), lotta contro la cementificazione (per poi elogiare qualche secondo dopo la TRC) e che i comuni stanno avendo problemi finanziari (mentre le tasse sono raddoppiate sotto la sua amministrazione, per avere denaro da buttare in grandi eventi e repressione).
Al di là del fatto che il suo discorso è stato un copia-incolla di uno fatto l’anno scorso ad un’assemblea su antifascismo e resistenza, nulla di questo ha a che fare con la questione della legalità. Quello a cui gli studenti hanno assistito è un sindaco incapace di dialogo che ha portato in sedi non consone la sua campagna elettorale.
Un confronto non è mai esistito. Se ci fosse stato, forse qualcuno avrebbe potuto esprimersi e dire apertamente che la questione cittadina non è il rispetto di una legalità sterile, non è l’interesse del settore turistico, non sono i parcheggi, ma l’allineamento di legalità e giustizia sociale. A Rimini centinaia di persone si ritrovano sfrattate e per strada, migliaia lavorano in nero e sono gravemente sfruttati, gli studenti fanno stage da prendipolvere, senza tutor e rimborsi, e i soliti noti continuano imperterriti ad arricchirsi nella logica del profitto. E’ su questi temi che la legalità dovrebbe interrogarsi.
Raph♀