Per un futuro libero dallo sfruttamento
Si è conclusa ieri la tre giorni “People before profits. Rimini summer camp”.
Per tre giorni il piazzale antistante a Casa Madiba network, intitolato giovedì 6 agosto a due anni dalla strage dei braccianti di Foggia ( a Bafode Camara, 22 anni, Ebere Ugjunwa, 21 anni e Romanus Mbeke, 28 anni, tre giovani accolti nei Cas territoriali a Rimini deceduti nell’incidente insieme ad altri 12 braccianti), è stato trasformato in uno spazio di incontro, campeggio e relazione.
A distanza di due anni da quella strage, nell’anno in cui la pandemia globale del Covid-19 ha messo in evidenza il nesso fra crisi sanitaria, economica, sociale ed ambientale, e di come trionfi sempre il primato dei profitti sulle persone, abbiamo sentito il bisogno di tornare nelle strade, prendere spazio e parola, portare contenuti, riflessioni e pratiche. Per continuare a creare una memoria attiva che abbia le sue radici in quei tre nomi e che ci spinga a costruire qualcosa di diverso e a ridare dignità a chi di lavoro è morto e a chi di lavoro, di sfruttamento e di confini continua a morire ogni giorno.
L’abbiamo fatto costruendo collettivamente il nostro Safe Space durante tutta la tre giorni, di dibattiti, negli eventi culturali e di socialità, nella Marcia di sabato scorso che ha rotto i divieti e si è ripresa la piena agibilità nelle strade della Rimini turistica e turistificata.
L’emergenza Covid non è ancora finita, per questo dobbiamo continuare a prenderci cura di noi e degli spazi che attraversiamo collettivamente in sicurezza, rispettando con intelligenza le necessità e le indicazioni per la reciproca tutela della salute collettiva e di tutte le persone che parteciperanno. Nei mesi del lockdown in tanti e tante di noi, come operatrici e operatori dell’accoglienza, educatori ed educatrici scolastici, delegati sindacali, attivisti e attiviste dei progetti di mutualismo e delle Staffette solidali abbiamo sempre posto come prioritario il tema della cura e della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e delle nostre comunità nonché della salute pubblica. E come ci hanno insegnato le compagne di Non una di meno “di me si prendono cura le mie amiche, le mie sorelle, non la polizia!”.
Una tre giorni che è stata capace di mettere in evidenza come la condizione dei e delle braccianti rappresenta una delle tante sfaccettature delle difficili condizioni del mondo del lavoro nell’attuale modello economico. In essa inoltre si intrecciano e operano numerosi elementi che caratterizzano in maniera più estesa la condizione lavorativa contemporanea. Dai campi pugliesi, alla logistica emiliana, dal turismo della Riviera al lavoro nel terzo settore e nelle cooperative sociali, all’economia delle piattaforme, precarietà, assenza di diritti e – molto spesso – povertà sono infatti condizioni che caratterizzano la quotidianità di tantissimi lavoratori e lavoratrici.
Alla base di tutto ciò troviamo dispositivi che alimentano una condizione di subalternità e sfruttamento, meccanismi che stanno alla base della riduzione dei costi del lavoro – appalti e subappalti, caporalato, lavoro nero, discriminazioni di genere, razzismo e ricattabilità legata alla precarietà dei permessi di soggiorno e di vita – ma che allo stesso tempo sono anche perfetti strumenti per marginalizzare e spingere i lavoratori e le lavoratrici in un cono d’ombra che ne maschera l’esistenza e ne smorza la voce. La messa a punto delle condizioni di sfruttamento va dunque di pari passo con la costruzione di invisibilità.
In
questo sono stati importanti i contributi della tavola rotonda con la
partecipazione di Angelica
Pesarini, Docente
di Sociologia alla New York University di Firenze dove insegna Black
Italia, un corso da lei ideato e dedicato all’analisi delle
intersezioni di razza, genere e cittadinanza nell’Italia coloniale
e postcoloniali, Moriba
Traorè ,
attivista Casa Madiba Network – operatore Help line regionale per
la Sanatoria 2020
Marco
Montanari Ricercatore
indipendente e Rosa
Vaglio Presidente
Associazione Diritti
a Sud –
Rete Fuorimercato
rete nazionale presente
in tutta Italia con esperienze di autoproduzione, filiera alternativa
e commercio solidale.
Ma anche i momenti di socialità con i live di Marco Zanotti e Jbel Kanuteh che hanno presentato il loro nuovo album “Freedom of Movement” e degli Assalti frontali che insieme alla crew locale di Colpo di stato poetico hanno animato la giornata di venerdì.
Nemmeno la tragedia collettiva della pandemia di Covid-19 sembra aver scalfito la realtà che abbiamo provato a leggere in questa tre giorni a partire dalla tragica scomparsa di Bafode, Ebere e Romanus, anzi ha fatto emergere con ancor maggior chiarezza le disuguaglianze e le discriminazioni che lacerano la nostra società. E l’orizzonte di crisi che si sta delineando rischia di inasprire ulteriormente le pressioni al ribasso su diritti e condizioni di lavoro.
Per questo la tre giorni è stata importante perché ci è stata ulite per sviluppare un ragionamento che ci ha consentito di cogliere i nessi tra le condizioni di esistenza che accomunano – seppur in forme talvolta diverse – territori, soggettività e figure lavorative apparentemente lontane tra loro.
Non si tratta di un esercizio intellettuale fine a sé stesso, quanto di un’operazione necessaria al fine di progettare e costruire alleanze, alimentare lotte e resistenze, sperimentare forme di vita e di lavoro libere dallo sfruttamento verso l’autunno e per il mondo che verrà.
Grazie a tutt@ ci rivediamo il prossimo anno!
Con Bafode, Ebere e Romanus nel cuore, per non dimenticare mai!