Il requisito dell’anzianità minima di residenza sul territorio regionale di tre anni per poter accedere alle graduatorie per le case ERP – approvata lo scorso 9 giugno dall’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna e invocata dal consigliere comunale Gioenzo Renzi (FdI) come nuovo requisito da inserire nel regolamento comunale – ci pare una norma non solo iniqua ma l’ennesimo e nuovo attacco ai poveri, che dagli ultimi dati ISTAT in Italia sono più di 7 milioni e, di questi, oltre 4 milioni sono quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta.
Battersi, come sta facendo il consigliere Renzi, per inserire il requisito dei tre anni di residenza come elemento necessario ed imprescindibile per l’accesso alle graduatorie ERP (imprescindibile, ci teniamo a sottolinearlo: se un cittadino non è residente da almeno tre anni sul territorio non potrà fare domanda per gli alloggi ERP) significa pertanto escludere dagli strumenti di welfare (e il diritto alla casa è uno di questi) un numero sempre maggiore di persone. Ed innumerevoli sono le persone che in questo preciso momento storico, vista la precarietà delle nostre vite, si trovano costrette a transitare da un territorio all’altro, a volte anche lontano da quello in cui sono nate, in cerca di lavoro.
Il drammatico disagio abitativo che migliaia di persone stanno vivendo sul territorio non lo si risolve né escludendole e marginalizzandole, né tanto meno facendo ricadere la responsabilità di questa condizione su chi si trova a vivere lo stesso disagio e ad affrontare quotidianamente gli stessi spettri con in più la difficoltà di provenire da un altro Paese.
Il problema è la mancanza di politiche di protezione sociale e quindi abitative che sappiano rispondere a tutte le esigenze e soprattutto all’emergenza abitativa: investimenti in edilizia residenziale pubblica, riconversione di spazi dismessi come le ex attività produttive fallite, riutilizzo dell’enorme patrimonio sfitto di cui è disseminata la città, sblocco e riattivazione del turn-over degli alloggi ERP, oggi fermo ad un grottesco 3%, valorizzazione delle esperienze presenti di autorecupero.
Come più volte abbiamo già affermato, alla drammatica mancanza di case popolari si può rispondere in due modi, o dicendo “prima gli italiani”, o affermando “più case per tutti”. La prima soluzione si fonda sulla logica del forte contro il debole e genera una guerra tra senzatetto che favorisce gli speculatori, le clientele e i palazzinari. La seconda soluzione si fonda sulla logica della cooperazione tra i deboli contro il forte e apre uno scontro tra “senzatetto – sfrattati” e “palazzinari”, un conflitto verticale tra il basso e l’alto della società, tra sfruttati e sfruttatori.
L’introduzione del requisito dell’anzianità triennale di residenza, promossa in Regione dal PD, si muove nella direzione delle politiche di austerità e smantellamento dello stato sociale, oltre che di una totale miopia rispetto ai cambiamenti che sta vivendo la nostra società. Nella stessa direzione si muove anche il Consigliere Renzi, alla ricerca di un consenso da ottenere mediante la diffusione di sentimenti di paura, odio ed egoismo.
La risposta invece che tanti poveri, sfrattati e precari stanno provando a costruire è un’altra, che parte dagli strumenti del mutualismo, della solidarietà, della cooperazione e va nella direzione di affermare un nuovo modello di città e welfare, dove i diritti o sono per tutti o si chiamano privilegi!
Sportello per il diritto all’abitare (ADL Cobas)
Campagna #UnaCasaPerTutti