Una nostra compagna, Agnese, da poco rientrata a Lecce ci ha scritto dal Salento dopo i fatti di ieri. Pubblichiamo di seguito il testo e alcune foto della giornata di ieri, 28 marzo 2017 giorno in cui la celere in più occasioni ha caricato il presidio istituzionale e di cittadini di ogni età che con i propri corpi difendeva una terra bellissima alla quale siamo molto legati come spazio sociale proprio grazie ad Agnese. Continuiamo a sostenere allora con ancora più forza le giuste rivendicazioni del Comitato No Tap e dei/delle salentini/e per l’autonomia e l’autogoverno dei territori contro gli speculatori finanziari difesi dallo Stato, così come a tenere alta l’attenzione su quanto sta accadendo a San Foca, ancor di più dopo i gravissimi fatti di Sabato 25 marzo a Roma, dove a centinaia di persone è stato impedito di manifestare e più di trenta sono state schedate e allontanate con fogli di via dalla città. Forza Salento! che la forza sia con tutti e tutte noi.
Potere alle persone! #NoTap #NoPacchettoMinniti #BassoVsAlto
San Foca, 28 marzo, anno 2017. Difficilmente il Salento dimenticherà questa data. Il giorno in cui, come un pavone tronfio della sua bellezza, il potere, o meglio, i poteri hanno sfoderato in gran sfarzo l’arroganza della forza.
Da anni questo territorio ha dichiarato la sua contrarietà ad un progetto, il Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che dall’Azerbaijan porterà il gas in Europa, attraversando Grecia, Albania e il mar adriatico per poi approdare sulle coste salentine. Si sono espressi contrari all’opera numerosissimi consigli comunali all’unanimità. Lo hanno fatto i cittadini, increduli che una delle zone più belle e ad alto impatto turistico possa essere considerata sito ideale di un’opera che ne stravolgerà per sempre l’ecosistema. Lo ha fatto egregiamente il Comitato No Tap che non ha mai smesso di mantenere alta l’attenzione, di informare, di vigilare sullo stato dei lavori.
Dall’altre parte invece lo Stato, il Governo che ha sempre considerato l’opera come strategica, impugnato le valutazioni di impatto ambientale della regione Puglia nelle quali si ribadiva l’inadeguatezza del sito di approdo scelto, redatto e approvato decreti ad hoc per consentire che si procedesse il più velocemente possibile con l’approvazione dei lavori e soprattutto non ha mai provato ad avviare un dialogo con le istituzioni locali e i cittadini.
E allora eccoci al 28 marzo. Eccoci davanti ad una protesta pacifica, che va avanti da una settimana e che ha il chiaro scopo di evitare che oltre 200 ulivi, alberi simbolo di questa terra, vengano espiantati inutilmente dal momento che attualmente è ancora in fase di valutazione il nuovo progetto presentato da Tap, mentre le autorizzazioni per l’espianto si rifanno al progetto precedente.
Manifestanti, donne, studenti impegnati tutti ad impedire, in maniera pacifica l’accesso al cantiere e il proseguimento dei lavori di espianto. Al loro fianco, sindaci, consiglieri regionali, senatori e deputati che incessantemente provano a mediare con la prefettura. Ma lo Stato ha deciso. Ha deciso che nulla contano le voci e gli atti di protesta, non è neanche opportuno ascoltare i rappresentanti istituzionali. Tap si deve fare. E così vengono inviati centinaia di poliziotti in tenuta anti sommossa per scortare il cantiere di una multinazionale privata. Centinaia di uomini con caschi, scudi e manganelli per garantire che i lavori continuino. Non per tutela qualcuno, chè qui chi manifesta lo fa tenendo le mani ben al te al cielo, ma per difendere gli interessi di un’azienda privata, che nel mentre prova a cercare consensi promuovendo corsi di inglese e informatica gratuiti oltre a bandi per il finanziamento di associazioni del posto.
E allora non importa chi siano le persone che hanno deciso di usare i loro corpi per difendere il proprio territorio, poco importa se davanti a quegli scudi ci siano sindaci che indossano la fascia tricolore. L’ordine è garantire i lavori nel cantiere. E allora usare la violenza di Stato diventa legittimo. Si susseguono le cariche, si trattengono una trentina di persone sotto il sole, affinché non si ricongiungano con il resto del gruppo, si alza volontariamente il livello di tensione. Si usano i manganelli per reprimere.
Oggi l’espianto degli alberi è stato garantito, e numerosi sono stati gli ulivi espiantati che tristemente abbiamo visto essere trasportati altrove sui camion delle ditte incaricate.
Le proteste continueranno anche nei prossimi giorni, con il proseguire dei lavori. Nessuno qui ha più voglia che questa terra subisca inconsapevolmente i diktat di chi non ha mai voluto confrontarsi con le volontà di questi cittadini.
Agnese Cossa