Siamo da poco rientrati da #OpenBordersCaravan condividiamo le parole di Neva Cocchi attivista del TPO che era con noi, ci pare importante porre l’accento su alcune riflessioni che tengano conto di quello che si sta giocando in questo preciso momento, dei rischi e delle opportunità che possono scaturire.
Quanto sta avvenendo si lega in maniera indissolubile anche alle pratiche di lotta e alle campagne dei movimenti e degli spazi sociali nel nostro paese alla loro capacità di innovarsi, dopo i limiti più che evidenti di quello sperimentato fino ad ora, schiacciato fra un conflitto autocelebrativo e identitario e il pensarsi sempre fuori dai processi decisionali e di governo.
Pensiamo ad es. alla Carovana per l’apertura di un corridoio umanitario a Kobane, alle lotte contro lo Sblocca Italia e le trivellazioni, alla valorizzazione di percorsi di autorganizzazione e sindacalismo sociale fra le varie figure del mondo del lavoro, alla rigenerazione di spazi urbani per rispondere ai bisogni abitativi, o il tentativo di sperimentare percorsi di coalizione sociale che mettano insieme e valorizzino a più voci le pratiche di mutualismo e i conflitti generati nella crisi.
Ci sembrano questi i terreni minimi su cui investire le nostre energie sforzandoci di essere nuovi e nuove fino in fondo, di avere l’umiltà di imparare da chi il campo di forza lo attraversa e lo sposta davvero, come i rifugiati in questi giorni, così come avere la capacità di ripensare le modalità, le parole, le analisi che produciamo e utilizziamo rispetto a quello che c’è intorno e che vogliamo cambiare.
Capire come, dove e cosa fare non per supposizioni teoriche o la produzione del conflitto in se e a tutti i costi ma attraverso la necessità sempre più urgente di fare ricerca/inchiesta costante rispetto a quello che accade intorno a noi.
Il sequestro di Casa Madiba e la nostra risposta politica e di piazza hanno prodotto un cambiamento nella città, così come le misure cautelari ai compagni del TPO hanno aperto varchi di riflessione oltre il nodo della repressione, ponendo l’accento sulla politica, sul tema dell’uso politico della forza e delle pratiche (non solo no nazi per un antifascismo tout court ma no nazi perché abbiamo un’idea di città, di società in cui vogliamo vivere dove i diritti o sono di tutti e tutte o non sono per nessuno) e sulla mancanza di democrazia.
Per questo condividiamo il post di Neva, perché ci aiuta a leggere l’esperienza che abbiamo vissuto, guardando le cose con occhi nuovi, essere veri e vere fino in fondo, umani e umane.
“Ieri a Botovo, nel nulla della campagna tra Croazia e Ungheria, a guardare la Storia che mi passa davanti, testimone del fallimento europeo, di una politica incapace, ma anche della speranza e della dignità dei siriani che rifiutano di restare per sempre vittime. Ho potuto solo dare il mio benvenuto, tutto personale e pieno di emozione.”