Da oltre due settimane si è inaugurata la cosiddetta “fase-2” della “riapertura” dopo il lockdown. Eppure per centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici, anche in Emilia-Romagna e nella nostra città, non c’è nessuna “ripartenza” e nessun “rilancio”. Al contrario, emergono con drammaticità tutte le gravi problematiche economiche e sociali maturate con la gestione politica della crisi sanitaria. Finora le misure di sostegno del Governo, oltre che inadeguate e insufficienti, sono rimaste perlopiù sulla carta. E le risorse hanno già iniziato a scarseggiare, come ha dichiarato INPS pochi giorni fa “chiudendo i rubinetti” del FIS.
Milioni di persone sono ad oggi senza reddito e cominciano ad avere serie difficoltà di sussistenza: ancora in attesa dei primi pagamenti degli ammortizzatori sociali il lavoro dipendente, o dei “bonus” una tantum autonomi e parasubordinati, intermittenti e stagionali, dei buoni spesa o di provvedimenti di sostegno al diritto all’abitare. All’orizzonte nessuno strumento che garantisca realmente il diritto ad un Reddito di base dignitoso per chi oggi è completamente escluso dalle attuali misure di sostegno. Solo l’idea di un sistema di welfare che debba rimanere frammentato (come il mondo del lavoro), meramente assistenzialistico, emergenziale e fortemente condizionato.
Anche nel prossimo provvedimento, nato come “decreto Aprile” e divenuto ormai (per superati limiti di tempo) “decreto Rilancio”, il Governo ha scelto di confermare questa linea. Emblematico è il dibattito intorno ad una misura di Reddito garantito, incagliato nell’ipotesi del “Reddito di Emergenza” (REM), che assumerebbe la forma di un’erogazione di denaro, tra i 400 e gli 800 € mensili, ancora parametrata al nucleo familiare e non sugli individui, per massimo di 3 mensilità. Una proposta assolutamente residuale, insufficiente e totalmente inadatta ad affrontare sia l’emergenza che i disastri sistematici con cui facciamo i conti da anni.
È invece necessario pretendere una riforma radicale del sistema di welfare, a partire dallo stanziamento di un Reddito di base incondizionato, una misura strutturale e individuale, adeguata anche nella quantificazione. E poi un’ammortizzatore sociale unico ed universale, senza massimali e che miri ad arrivare al 100% dell’importo realmente percepito mensilmente.
L’introduzione di un salario minimo, che contrasti il fenomeno del “lavoro povero” e metta fine alle decine di contratti “pirata” vigenti in moltissimi settori, e di una riforma fiscale in senso fortemente progressivo, che restituisca valore reale ai salari e, anche attraverso l’imposta patrimoniale, attinga le risorse aggredendo profitti e rendite.
Il tempo dell’attesa e delle promesse è finito. A questi signori che dall’inizio della pandemia affermano che “nessuno resterà indietro” vogliamo ricordare invece che nessuno resterà a guardare e in silenzio mentre preparano la “ricostruzione” sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati e dei poveri di questo paese.
Per questo, dopo l’importante mobilitazione davanti alla regione Emilia Romagna, proseguiamo il nostro “rilancio” con il flash-mob di questa mattina davanti alla sede INPS, flash mob – che si è svolto nel rispetto delle distanze e dell’utilizzo dei DPI necessari a garantire per tutta la durata dell’iniziativa il rispetto delle norme sanitarie anti-contagio e la cura di noi stess* e dello spazio pubblico che attraversiamo – rivendicando diritti, reddito e salario SUBITO!
ADL COBAS – Campagna per il reddito di base incondizionato