da http://www.citizenrimini.it di Davide Cardone
Abito Rimini da un po’. Non molto, ma, per il mio modo di vivere dove mi fermo, neppure poco. Ieri sera per la prima volta ho visto una cosa che ho cercato per tutta la mia permanenza: la vera anima di questa città.
Sono uno straniero. Lo sono sempre stato. Adoro esserlo. Mi piace rompere quell’esclusività che la gente pensa di avere perché è nata, è cresciuta e morirà nello stesso posto. Da straniero posso testimoniare che non basta essere figli di una tradizione per onorarla. E allora m’impiccio, frugo, provoco, rompo i coglioni, fino a che non trovo l’essenza dei luoghi dove mi fermo, un tesoro che tutti sanno d’avere, ma pochi usano veramente.
Ieri sera, al Sardoncino Party di quei portatori sani di cuore enorme, la vera essenza di Rimini si è rivelata in tutta la sua magnificenza e ne sono rimasto abbagliato. In una parola: Accoglienza. Qualcuno dei miei abituali lettori starà pensando alla vocazione turistica di questa terra e, in parte, centra. L’accoglienza cui mi riferisco io però ha un’accezione più ampia, è l’atto di accogliere non solo turisti, ma anche persone, idee, pensieri, viaggiatori, canzoni, pratiche, rivoluzioni, gusti …
Provo a regalarvi un’immagine. Pensatevi nel giardino rimesso a nuovo di una villetta abbandonata da dieci anni, con in mano un piatto che divide il suo spazio tra Cuscus e una piada con i sardoncini. Ora alzate gli occhi dal piatto. C’è un’artista di strada che canta De Andrè, accompagnato da un Senegalese che suona i bonghi, per un pubblico con gli occhi sorridenti. A renderlo così, quel pubblico, hanno contribuito due performance in dialetto: quella di un attore che incanta leggendo inSantarcangiolese le gesta di un pisciatore (non è un errore di scrittura) professionista e quella di una ragazza senzatetto che, per l’occasione, ha riadattato le parole di un neo melodico napoletano in onore dei ragazzi di Casa Madiba. Avete sete? Da bere ce n’è, qualche bottiglia l’hanno portata anche ivicini, perlomeno quelli contenti che in quel luogo sia tornata la vita. Anche la defunta proprietaria, laSignora Pazzaglia, è contenta … non tutti lo sanno, ma è quel gatto bianco che annusa col naso all’aria gli effluvi dei sardoncini grigliati e delle candele alla citronella. Lasciate che quell’odore penetri anche le vostre narici, bevete un sorso di vino e preparatevi ad ascoltare una professoressa che legge il tema di una sua alunna. Una quattordicenne con la dolcezza della sua età e la frusta di un pensiero limpido spiega a tutti cosa sia la solidarietà. 10 e lode più l’applauso, entrambi meritati.
Siete riusciti a vedere quello che vi ho descritto? Se sì, provate a dirmi che non ci avete riconosciuto Rimini, la vera Rimini, quella conviviale, quella dove si accolgono i pensieri spezzando insieme la piada, perché con la piada ci si può mangiare anche il Cuscus.
Secondo l’opinione di uno straniero, quale sono, è questo che bisognerebbe difendere di Rimini. Da cosa? Beh … se non ve ne siete accorti stanno cercando di trasformare piada e sardoncini in un brand, qualcosa da vendere. La cultura di un luogo può essere condivisa, fatta vivere, ma non venduta con un’operazione di Marketing. La pena è l’effimero. La conseguenza quella che si vede alle Molo Imbecill Parade, ossia gente che ha sì mangiato piada e sardoncini, ma poi la mattina dopo la devi raccogliere da terra perché non ha trovato niente di meglio da fare che abbruttirsi di alcol. Io passo, grazie.
Lasciar annichilire una città come Rimini nell’indifferenza e nella paura di lasciarsi contaminare è un crimine che si paga con il degrado. Esempio ne è proprio la cronaca delle recenti occupazioni di cui si nega la necessità invocando, come leghisti di vecchia data, il pedissequo rispetto della legge. E’ come se questi improvvisati Svizzero Romagnoli potessero scagliare la prima pietra, sicuri di non aver mai commesso il peccato di aggirare nessuna norma speculando, evadendo e favorendo il nepotismo. Non prendersi per il culo è il primo passo verso grandi scoperte. Sinceramente, in questo ultimo mese di passione non sono proprio riuscito a capire quale sia la soluzione suggerita da costoro … a meno che la divina provvidenza sia diventata il Direttore Generale del Welfare Riminese. Attualmente è accettabile, o comunque sopportabile, che delle persone vivano l’abbandono di Rimini, ma senza farsi vedere, in caso contrario devono semplicemente dileguarsi portando i loro problemi altrove. E’ Rimini questa? E’ la città dei Tre Martiri?
P.S.
Nel Convivio del Sardoncino, tra poesie che parlavano di marinai e “The ghost of Tom Joad” è successo un miracolo che va ricordato. Persone che fino a ieri dovevano nascondersi per la colpa di non avere un tetto, hanno incontrato il coraggio dei veri riminesi e… hanno cantato per loro. L’invisibilità può essere sconfitta, basta smetterla di aver paura.
P.P.S.
E’ caldamente raccomandato leggere il tema di Giulia E., ispira e dà la speranza di generazioni più in gamba di quanto non sia stata la nostra. lo linko qui: Solidarietà.