La psicopatologia dei casi difficili…

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Verso il 25 Aprile e il 1 Maggio

Ci vediamo domani per @Seminiamo R/Esistenze

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Leonardo Montecchi, direttore della Scuola Bleger e supervisore dell’equipe di Casa Don Andrea Gallo Rimini, al congresso che si è tenuto oggi a Vevey.Riteniamo che questo prezioso contributo colga appieno l’attitudine che dobbiamo avere nell’attraversare queste due importanti giornate che oggi più che mai vanno risignificate alla luce della fase storica e della SINDEMIA.

Oggi più che mai c’è un mondo nuovo da costruire e uno vecchio da rifare. Per questo dobbiamo dotarci di nuovi occhi e strumenti di lettura della realtà in cui siamo immersi.

“La psicopatologia dei casi difficili, incluso casi di tossicomania”

Georges Lapassade in l’entree dans la vie, un testo degli anni 60 del secolo scorso, ci invita a pensare alla condizione adulta dell’essere umano come ad un mito.Infatti il sottotitolo recita “essai sur l’inachèvement de l’homme”, cioè l’uomo è inteso come incompiuto, un costante divenire, mentre invece, il concetto di adulto significa: “divenuto” arrivato alla forma compiuta, come se esistesse un modello cui uniformarsi un punto di arrivo o di completamento della crescita che ne segnerebbe il culmine.Se ci poniamo da questo punto di vista ci si presentano forme di vita nella loro moltitudine e non psicopatologie, cercherò di descriverle e di mostrare come si possano costruire opportunità per vie di fuga o per immettere il possibile in quelle vite che appaiono chiuse e senza alcuna possibilità di cambiamento.Sono le vite dominate dalla disperazione.

Non è mia intenzione mostrare un catalogo ma di descrivere una mutazione antropologica in atto.Pier Paolo Pasolini, negli anni 70 del secolo scorso, parlava di una mutazione antropologica che, secondo lui, stava avvenendo con la diffusione del neocapitalismo e la crescita esponenziale dei mass media. La mutazione comportava la scomparsa delle culture marginali, come quelle delle borgate periferiche e sottoproletarie da lui descritte nei romanzi e nei film, a causa di una omogeneizzazione di tutti ad una cultura piccolo borghese basata sul consumismo.

Da allora la trasformazione si è compiuta e diffusa in tutto il pianeta. In oltre lo sviluppo di Internet ha provocato un cambiamento ulteriore modificando la forma delle soggettività.Infatti siamo progressivamente transitanti da una identità analogica, cioè una soggettività costituita da un filo di memoria che lega fra di loro i momenti differenti di una vita.Ad una identità digitale situazionale molto precisa ma tendenzialmente dissociata da una situazione all’altra senza più un filo di continuità.

Questa mutazione è dovuta alla nascita di un nuovo spazio che ha permesso lo sviluppo delle identità digitali che non sono forme immaginarie di vita ma vita virtuale nel cyberspace. Ora, la vita virtuale è diversa da quella reale e non è vita immaginaria, in oltre lo slittamento tra il virtuale ed il reale e viceversa segna inevitabilmente questo tempo e le generazioni che lo abitano. All’inizio del 2000 Derrick de Kerckhove parlò di generazioni permanentemente connesse e Franco Berardi Bifo di generazioni che hanno appreso più parole da una macchina che dalla mamma. La connessione, come l’identità digitale è molto precisa con un funzionamento binario o c’è o non c’è:0/1 invece l’identità analogica si basa sulla congiunzione che mantiene costantemente un grado di ambiguità e di approssimazione. Insomma la connessione è fredda la congiunzione è calda.

Il problema che ci si presenta e che è diventato progressivamente più importante è che nel cyberspazio l’accesso alle informazioni è totale, praticamente un singolo può costituire la propria soggettività attingendo alla infinita biblioteca di Babele di Borges. Tuttavia, nel mondo analogico, le informazioni, limitate hanno (avevano?) la possibilità di essere elaborate all’interno di un gruppo famigliare, in un clima caldo,affettivo e con un tempo che può permetterne l’assimilazione personale e critica.Ora il tempo per assimilare tutte le informazioni cui si ha accesso non c’è. Non c’è un cybertime ed i soggetti che si costituiscono vivono costantemente una bulimia informativa che li porta a privilegiare gli agiti ( i passaggi all’atto di cui ha parlato Maurice Corcos) nel mondo esterno perché lo spazio interno, la mentalizzazione, risulta essere quasi impraticabile.

È un processo che Deleuze e Guattari avevano già individuato e nominato deterritorializzazione. Dunque questa deterritorializzazione distrugge tutti i vincoli frantuma gli esseri umani in particelle elementari,come direbbe Hoellebecq,annichilisce la solidarietà, l’amicizia, l’ospitalità. Rimangono solo identità posticce ricostruite su visioni paranoiche, costruzione del nemico e formazione di capri espiatori.

Il messaggio dominate in questa situazione: lo stato di coscienza che tende a presentarsi come normale cui tutti gli altri stati devono adeguarsi e’ la coscienza ordinaria delle routine istituite della vita quotidiana il “produci,consuma, crepa” come cantavano i CCCP tutto in/nella dimensione di “no future” colta dai Sex Pistol ancora nel 1977.

Il messaggio dominante sarebbe la forma che assume “La Legge”non scritta del grande Altro come lo chiamava Lacan o del super-io che non ordina più divieti ne’ discipline per costruire gli oscuri oggetti del desiderio ma ordina direttamente il godimento dell’oggetto, al di là del piacere, tramite il consumo, la distruzione e la morte.

È stato proprio Pasolini a mostrarci questa radicale mutazione nel suo ultimo e terribile film, per alcuni aspetti inguardabile: Salo’ e le 120 giornate di Sodoma.Quindi le generazioni nate nel 2000 si sono trovate direttamente immerse in questa mutazione e hanno di fronte a se la loro estinzione nella seconda parte del secolo XXI.

Da questo punto di vista dobbiamo pensare con Fromm ed altri ad una psicopatologia della normalità. Cioè il problema delle nuove generazioni ma anche delle nostre e’ come trovare delle vie di uscita da questa “unica dimensione” governata da un pilota automatico che segue una rotta tracciata da uno dei tantiAndreas Lubitz, il pilota che si suicido’ uccidendo tutti i passeggeri dell’Airbus.

Le vie di fuga sono tante ma invece di presentarsi come risorse vitali,come esempi di futuro possibile sono etichettate come psicopatologia e ricondotte all’ordine dello stato di coscienza dominante.

Questo concetto è molto chiaro se pensiamo agli eventi successi negli Stati Uniti nella metà del diciannovesimo secolo. In quel periodo poteva capitare che gli schiavi delle piantagioni fuggissero da chi si considerava il loro padrone, ma i bianchi non di accontentavano di riprendere la loro “proprietà ” ma con il dott.Samuel Cartwright li definivano affetti da una malattia mentale: la drapetomania. Cioè già il desiderio di fuga dalla schiavitù’ era considerato una malattia mentale dai padroni degli schiavi. Lo stato di coscienza diverso dalla accettazione della schiavitù era psicopatologico. Era una inversione della verità. La patologia sta nella accettazione della schiavitù.

Prendiamo ad esempio il comportamento dei giovani giapponesi chiamati hikikomori. Si tratta di una secessione dalla vita quotidiana. Si ritirano nella loro camera o in un loro spazio particolare e non entrano più a contatto con il mondo reale se non,tramite un tenue filo. Un isolamento da anacoreti, o se volete un ritiro autistico. Ma se il “ritiro autistico” non è limitato a pochi ragazzi ma diventa il comportamento emergente di una generazione è impossibile pensare in termini di patologia.Del resto gli hikikomori non si isolano, trasferiscono la loro identità nel web e comunicano nel cyberspace.

Questo comportamento è stato stigmatizzato come patologico, si è parlato di “dipendenza da internet”, con chi dice che se si supera un certo tempo di uso allora è dipendenza è così via. Stranamente quando si tratta di analizzare il lavoro di un operatore ad un videoterminale non si parla mai di dipendenza e di patologia.

Quando il soggetto è alla dipendenza di un sistema di macchine e ne diviene una parte che serve ad attivare il flusso di una qualche produzione di merci, cioè quando il soggetto si fa oggetto in un processo di valorizzazione del capitale allora non c’è dipendenza, non c’è malattia.La malattia inizia quando quell’oggetto usa la macchina in modo diverso, non valorizza nessun capitale, si diverte a comunicare con gli amici, prende una via di fuga dalla schiavitù’ rifiuta di essere un algoritmo.Infatti, proviamo ora ad immaginare il giovane hikikomori come un ingegnere gestionale in smart working, così come i tanti giovani che a casa loro alienano il tempo della loro competenza ad una impresa che paga quel tempo che non gli appartiene più.

Quindi se il tempo di vita dedicato al cyberspace è alienato al sistema di produzione e valorizzazione del capitale e trasforma il soggetto in un oggetto che non si appartiene ma appartiene in toto ad un altro, parliamo di economia: fattori della produzione ecc… Quando invece il tempo dedicato al cyberspace è tempo di vita impegnato in un uso per se allora si parla di patologia di dipendenza ecc. Evidentemente c’è qualcosa che non va. La costruzione di soggettività che fuoriescono dallo stato di coscienza ordinario rischia fortemente di essere stigmatizzata. Torniamo dunque alla adolescenza ed alla necessità di sperimentare forme di vita e forme di coscienza diverse da quelle ordinarie.

Nelle società tradizionali e in quelle classiche esistevano una serie di riti che Van Gennep aveva chiamato riti di passaggio in particolare una serie di riti di iniziazione accompagnavano il passaggio di un individuo alla maturità, spesso in questi riti, ad esempio nei Liberalia romani c’era l’ebbrezza del vino, o in altre culture l’uso di sostanze che modificano lo stato di coscienza.In altre culture vi sono varie prove di resistenza fisica sempre ritualizzate e codificate.

Nelle società occidentali che hanno diffuso prima con il colonialismo poi sotto altre forme la loro cultura su tutto il pianeta queste forme sono progressivamente scomparse per dare origine a quella forma di vita ” produci consuma crepa” di cui parlavo precedentemente. Ovviamente, in quella forma, non è previsto nessun rito di passaggio a meno che non sia consumabile. Le forme simboliche sono state trasformate in brand. Ma nonostante questa degenerazione putrefattiva si possono ancora evidenziare forme di vita che emergono dallo strato di plastica rompendone talvolta la superficie.

Il fenomeno della “nachleben” o sopravvivenza scoperto da Aby Warburg non è solamente limitato alle immagini perché le Pathosformel di cui lui parla, le formule del pathos sono anche riti che persistono e che emergono come figure dove meno c’è lo aspettiamo. Ad esempio in un fenomeno come i rave party che si è diffuso nel pianeta assieme al movimento tekno si possono ritrovare le formule del pathos che codificano quello stato di coscienza molto particolare che è la transe di possessione.Ad esempio nel voodoo haitiano o nella umbanda/macumba brasiliana così come nelle Lila Gnaua ritroviamo alcuni elementi studiati da Rouget e da Lapassade che possiamo sintetizzare in un setting caratterizzato da spazi circoscritti, tempo notturno, presenza di musicisti o musicanti, come li definisce Rouget, presenza di adepti o musicati presenza di conduttori della cerimonia. Uso di sostanze inebrianti, non essenziale, musica molto ritmata e balli. Ad un certo punto della cerimonia qualche adepto può entrare in transe, può avere delle scosse ed essere aiutato dal conduttore o conduttori della cerimonia a non cadere. Poi l’adepto divenuto il cavallo del dio o dello spirito è Pomba Gira o Yemanja o qualcun altro e come tale è considerato dagli adepti che lo interrogano per il loro motivi.

Naturalmente, nei rave party non emerge questa ” formula del pathos” così elaborata, proprio perché si è persa la consapevolezza della esistenza di molteplici stati di coscienza.Nelle feste rave le persone fortemente dissociate dal loro stato di coscienza ordinario vengono considerati “sballati” fatti di extasy, solo una minoranza consapevole ha cercato di vedere in queste feste ed in questi stati di coscienza la “sopravvivenza” il “nachleben” della transe di possessione in un mondo globalizzato.

Abbiamo chiamato questo fenomeno “transe metropolitana” per distinguerla da quella ritualizzata ma anche per segnalare la necessità di pensare le forme simboliche del pianeta globalizzato. Ma l’interesse generale non va certamente verso lo studio e la valorizzazione e la scoperta delle formule simboliche sopravvissute o di formule che provengono da culture non bianche di mondi lontanissimi. Anche l’uso di sostanze andrebbe visto in una dimensione globale come un tentativo di autocura ma anche, dato che in questo periodo si sta parlando di rinascimento psichedelico come un desiderio di ampliamento della coscienza una apertura al potenziale umano ed alla dimensione di possibilità.

Del resto la pandemia che attualmente stringe il pianeta in una camicia di nesso deve essere vista come una sindemia cioè un insieme di problematiche collegate fra loro, fra queste sicuramente il problema del riscaldamento globale ha il suo effetto. È illuminate, quasi una metafora voluta, il fatto che il coronavirus sia un virus respiratorio e nella sua forma grave produca una polmonite in un ambito individuale con una insufficienza respiratoria e che nell’ambito globale, il combinato disposto della aumento delle emissioni di CO2 e della deforestazione, stia provocando l’insufficienza respiratoria di tutto il pianeta. Curiosamente il respiro è legato alla vita a quella vita che gli antichi greci, contrapponendola al Bios del singolo soggetto, cioè ad una vita individuale che è contenuta in una biografia, chiamavano Zoe’ cioè la vita in generale. E di questa Zoe’ il respiro è l’anima,per dirla alla latina, questa sindemia in qualche modo sta uccidendo l’anima del pianeta.

Che cosa fare in questa situazione senza via di uscita? Forse le soluzioni appaiono là dove altri vedono la psicopatologia dei casi difficili.Una preadolescente scontrosa con la sindrome di Asperger in preda ad un delirio di fine del mondo a tema ecologista si ostina a rimanere seduta davanti al parlamento ogni giorno durante l’orario scolastico.

Il suo slogan è:sciopero dalla scuola per il clima.Quale è stata la terapia di questo caso difficile?La nascita del movimento Fridays for Future.Non è Greta Tumberg la malata. Quando il dito indica la luna gli sciocchi guardano il dito.

Leonardo Montecchi

* Nella foto il free party @Pink parade@ del 2 Luglio 2010 in occasione della Notte Rosa https://www.globalproject.info/…/rimini-notte-rosa…/5336

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