Da tempo affermiamo come il tema del diritto all’abitare sia strettamente legato e connesso a quello più ampio e complessivo che riguarda l’accesso e la fruizione della città, nell’insieme delle sue relazioni, servizi, scambi.
Una connessione determinata in primo luogo dall’impatto che scelte politiche e conseguenti fenomeni di turistificazione e mercificazione della città creano sul mercato immobiliare privato e sull’accesso alla prima casa. L’impennata degli affitti brevi sul mercato privato, la spinta alla ricerca di un alloggio nel mercato turistico anche per chi non è turista ma risiede e abita a Rimini (residence, hotel annuali), prezzi di affitto al mq elevati, un numero di persone e famiglie sottosfratto alto per una città di provincia come la nostra, sono tutte conseguenze e segnali della gestione politica della città e dell’assenza dall’altra di un pensiero e di interventi di lungo periodo che invertano rapporti di forza al momento tutti schiacciati a favore della rendita immobiliare. Ma questo legame si da anche in una dimensione più ampia che riguarda l’idea di città che ha in mente questa amministrazione.
L’attivazione degli “street tutor”strumenti per favorire il “decoro urbano”, oltre che l’ultimo esempio, ne è un segnale lampante.
Tutto spinge verso la definizione di una città per pochi, con un centro-storico bomboniera su cui si sono convogliati importanti risorse del bilancio comunale, un turismo che guarda sempre più ad un target ricco e facoltoso, aree della città totalmente mercificate e privatizzate (si veda la riconferma dei dehors gratuiti per bar e ristoranti anche per la stagione 2022, al contrario di Bologna per es. dove la Giunta ne ha ordinato la rimozione) nelle quali non sono assolutamente ammesse forme di aggregazione e socialità che non prevedano il consumo e un profitto.
Fuori da queste aree della città dell’alto tuttə coloro che mantengono l’economia della città dell’alto: lavoratori e lavoratrici poverə e precariə, sfrattatə, razzializzatə, persone povere e senza casa nei confronti delle quali tra poco ripartiranno retate e sgomberi, giovani e studentə per i quali, l’unica risposta prevista dopo due anni di pandemia, rottura dei rapporti sociali e interruzione delle attività relazionali, isolamento, discontinuità scolastica, è la repressione e il disciplinamento. È davvero una città bella quella che si dota di queste caratteristiche? Pensiamo davvero che la bellezza ci salverà?
Noi pensiamo che al di là del giudizio personale con cui ognunə di noi valuta il bello e l’estetica, una città debba prima di tutto porsi l’obiettivo di non essere polarizzata, di essere accessibile, di garantire diritti e dignità a tuttə.
Ci pare però che la direzione presa da chi è al governo da pochi mesi sia tutta all’opposto. Ma non rimarremo fermə a guardare.