La situazione a Rimini specchio di quello che sta accadendo anche nelle scuole delle altre città!
La scuola è iniziata da un giorno e nonostante le rassicurazioni di Azzolina e governo non sta andando tutto bene, soprattutto negli affidamenti delle supplenze annuali per il sostegno. Tantissimi ragazzi e bambini disabili hanno iniziato l’anno a Rimini e provincia senza l’insegnante di sostegno e in alcuni casi senza l’educatore scolastico di riferimento. Ad oggi, come pubblicato in data 12 settembre dall’ufficio provinciale in merito alle disponibilità residue dopo le operazione di individuazione dei destinatari di contratti a tempo determinato dalle GPS (Graduatorie Provinciali Supplenze), gli insegnanti a mancare all’appello sono quelli di sostegno.
Per dare alcuni dati sono quasi 60 gli insegnanti di sostegno non ancora nominati nella scuola secondaria di secondo grado (classe di concorso ADSS). A fronte di tutto questo girano sul web articoli giornalistici che lamentano la mancanza di specializzazione degli insegnanti di sostegno, tacendo però sul percorso che un insegnante deve intraprendere per specializzarsi e soprattutto i costi previsti. L’unica strada per diventare insegnanti di sostegno è essere ammessi al TFA sostegno, un corso di 8/10 mesi che viene attivato solo in alcuni atenei italiani, al quale si accede con una serie di prove (test selettivo, test scritto e orale) e che prevede un accesso estremamente limitato oltre ad un costo che oscilla dai 3000 ai 3500 euro. Forse adesso è più chiara la motivazione di questi limiti all’ingresso: meno sono i posti disponibili, più è giustificabile il costo dello stesso TFA.
Servono insegnanti di sostegno ma per diventarlo devi intraprendere un percorso ad ostacoli dove il premio consiste in una bella e corposa retta universitaria. Le GPS, stando a quanto dichiarato da Azzolina, dovevano risolvere tutti i problemi di disorganizzazione nell’affidamento delle supplenze. Il risultato nella nostra provincia e non solo è che mancano insegnanti di sostegno e ad oggi neppure è chiaro come verranno affidate le disponibilità residue. Il primo pensiero per gli affidamenti va alle famose MAD (Messa a Disposizione) alle quali però hanno accesso tutti diplomati o laureati, a seconda del grado scolastico per il quale si fa richiesta, senza neppure abbiano sostenuto i 24 CFU obbligatori per l’insegnamento ed eventualmente aver sostenuto gli esami mancanti per accedere alla classe di concorso.
Il rischio è quello che possano essere chiamati a ricoprire posti di sostegno persone senza esperienza né titoli che all’ultimo minuto hanno mandato una MAD, nonostante ci siano persone laureate che da anni continuano a spendere soldi per conseguire CFU, corsi e certificazioni per entrare a scuola come insegnati. Insomma come l’ho sentita definire qualche tempo fa da un collega si tratta di una vera e propria filiera accademica che continua a fare soldi con persone già laureate, alle quali si chiedono titoli e qualifiche, certificazioni dal prezzo salato che non attestano la bravura di un insegnante.
Lo stesso meccanismo viene applicato anche agli educatori scolastici ai quali viene richiesto, a seguito della legge Iori, il titolo di educatore professionale nonostante gli anni di esperienza e una laurea che possiede un codice diverso rispetto a quello previsto dalla legge. In altre parole se sei un educatore, che magari lavora da diversi anni a scuola ma non possiedi la laurea triennale L19, devi svolgere un corso universitario online per conseguire 60 CFU, corso che paghi profumatamente e che le cooperative, delle quali siamo dipendenti, ben si guardano dal prevederlo nel piano formativo dell’educatore e pagarlo ai suoi stessi dipendenti.
Ma quello dei titoli è un’altra storia forse un po’ troppo lunga per essere affrontata in questa sede, riprendiamo quindi il discorso sulla scuola e su come sia ripartita.
Dunque un bel pastrocchio perché se da un lato ci sono persone in regola con tutte le richieste del Miur per accedere all’insegnamento e che seppur sono inserite nelle GPS non sono state chiamate per mancanza di posti comuni disponibili, dall’altro il secondo giorno di scuola non si sa ancora come sciogliere il problema del sostegno, e ragazzi e bambini disabili aspettano i loro insegnanti. La vera fortuna sono allora gli educatori e le educatrici che si occupano di questi bambini e ragazzi dall’inizio dell’anno scolastico, ma anche nel caso del servizio educativo la situazione non è migliore.
Non in tutti i Comuni della provincia di Rimini le figure educative hanno iniziato a lavorare, essendo infatti il servizio educativo in appalto sono i Comuni in accordo con le scuole a decidere quali educatori lavorano dal primo giorno di scuola, e quali invece iniziano ad ottobre. La motivazione di queste partenze differenziate sono ben chiare agli addetti del settore: la coperta è corta e con gli stessi finanziamenti messi a bando si vuole coprire l’intero anno scolastico e qualche Comune cerca di finanziare anche il servizio educativo rivolto agli studenti e alle studentesse diversamente abili durante il periodo estivo. Insomma l’ufficio comunale addetto al bilancio i conti sa farli bene, e così l’assistenza educativa per gli studenti con disabilità “meno gravi” o con meno comportamenti problematici parte in ritardo rispetto l’inizio della scuola, nonostante la mancanza cospicua di insegnanti di sostegno.
L’emergenza Covid, con la conseguente chiusura delle scuole, ci dovrebbe far aprire gli occhi perché il diritto ad un’istruzione di qualità e all’inclusione dei bambini e ragazzi diversamente abili è ben lontano da quello che si configura oggi la scuola, non solo nella nostra provincia ma in tutta Italia.
La mancanza di spazi idonei e classi nei plessi è stata trasformata in una questione di banchi, quella sulla sicurezza in una di mascherine ed accessi, e la mancanza di insegnanti di sostegno come quella di poca qualificazione e forse pigrizia dello stesso personale docente. Quando invece è evidente che i tagli delle riforme scolastiche degli ultimi 20 anni hanno lasciato una scuola pubblica in ginocchio ledendo sempre più il diritto all’istruzione e all’inclusione dei disabili e delle fasce più povere della nostra società.
Ma ancora una volta nella narrazione dominante i veri assenti sono gli educatori e le educatrici, dipendenti delle cooperative sociali, che assistono ogni anno i disabili proprio in quella scuola che definiamo pubblica. Un esercito di invisibili, si parla di più di 60.000 educatori ed operatori scolastici in tutta Italia, che assicurano il diritto alla scuola ai più fragili. Un esercito di precari, nonostante i contratti a tempo indeterminato, utilizzati a proprio piacimento da cooperative e Comuni, di lavoratori e lavoratrici poveri per i ridicoli stipendi che ricevono a causa di un CCNL delle cooperative vergognoso. Educatori ed operatori scolastici altamente professionalizzati che chiedono da mesi e a gran voce l’internalizzazione della loro figura per poter lavorare con più tutele e sicurezze.
Se mancano dunque insegnanti di sostegno specializzati, chiediamo al Ministro Azzolina perché non aprire l’accesso al TFA e nel frattempo internalizzare educatori ed operatori scolastici che da anni lavorano nella scuola pubblica?
Rete Educatori/Educatrici Rimini – ADL Cobas