Où passa Lapassade. Omaggio a Georges Lapassade

condividi su:

Venerdì 11 Maggio ore 20.30 
Casa Madiba NetworkScuola Bleger e Meclimone Produzioni presentano
“Où passa Lapassade”
di Luc Blanchard e Rose-Marie Bouvet, membri dell’associazione di ricerca francese SIE
Saranno presenti Patrick Boumard e Rose-Marie Bouvet.

Il docufilm su Georges Lapassade è stato realizzato nel 2017 seguendolo nei suoi spostamenti tra la Francia, l’Italia ed il Marocco, luoghi che avevano costituito il fertile terreno per lo sviluppo del suo pensiero, ed incontrando le persone che hanno collaborato con lui e che hanno avuto modo di far parte del suo percorso di vita.
Casa Madiba è molto felice di ospitare questo evento, soprattutto in questo periodo storico in cui il manifestarsi nelle scuole, nelle strade, nella politica di comportamenti e linguaggi dell’ odio, dell’indifferenza, della disumanità, della cancellazione dell’altro, necessitano di una riflessione a 360 ° sulla funzione e sul degrado delle nostre Istituzioni e sulla necessità di ripensare le relazioni di mutuo-aiuto, il riconoscimento dell’altro come fondanti nella costruzione di un nuovo mondo possibile.
L’autogestione pedagocica e il metodo dell’analisi istituzionale, concetto e pratiche intorno a cui sviluppò il suo pensiero Lapassade e che abbiamo conosciuto grazie alle collaborazioni con la Scuola Bleger, è quello che proviamo a sperimentare ogni giorno nelle attività del Network solidale di casa Madiba e in particolare a Casa Andrea Gallo Rimini #perlautonomiaun’esperienza che è stata capace di rivoluzionare il sistema di prima accoglienza per le persone senza casa nella nostra città, ottenendo il pieno riconoscimento da parte del Comune e strappando un piccolo pezzo di nuovo welfare e nuovo luogo per l’accoglienza delle e degli homeless.

Chi è Georges Lapassade
(Arbus, 10 maggio 1924 – Stains, 30 luglio 2008), filosofo e sociologo francese che si occupò di psicosociologia, di etnologia, di pedagogia e di analisi delle istituzioni.
Fondò l’Analisi istituzionale e si interessò di pedagogia istituzionale, intese come discipline capaci di fare emergere l’inconscio dei gruppi nelle istituzioni proponendosi così di favorire un cambiamento generale nelle modalità relazionali esistenti al loro interno, aprendo dunque il campo alla dimensione politica: “Se l’uomo vuole essere soggetto, attore cosciente della sua storia deve analizzare le istituzioni dalle quali dipende, per analizzare le istituzioni che lo attraversano e trovare nell’azione di gruppo una via d’uscita all’atomizzazione burocratica della quale è vittima”.
Per mezzo dell’Analisi istituzionale cercò di analizzare le dinamiche dei piccoli gruppi e quelle delle istituzioni e organizzazioni, intese come luoghi di riproduzione delle contraddizioni sociali, con particolare attenzione ai processi di burocratizzazione che in esse hanno luogo. A tale proposito sosteneva l’esistenza di due fasi all’interno del processo evolutivo dell’istituzione: quella più originale e creativa dell’istituente e quella più rigida e tesa alla conservazione dello status quo dell’istituito. E’ dal processo dialettico tra queste due fasi che deriverebbe la forma che assume, di volta in volta, l’istituzione.
Ma si occupò anche di pedagogia istituzionale, ovvero della trasmissione delle informazioni e della conoscenza, sfondo del processo educativo, all’interno delle istituzioni: contro una pedagogia definita autoritaria, in virtù della trasmissione unilaterale e forzata delle informazioni dall’alto in basso, propose il concetto di autogestione pedagogica, focalizzando l’attenzione sugli aspetti di azione contro i condizionamenti e, in definitiva, la violenza dei sistemi istituzionali (a questo proposito in particolar modo analizzò l’istituzione scolastica), sia sul piano della prassi didattica, sia sul piano, più in generale, dei rapporti sociali.
Nella seconda parte della vita si dedicò prevalentemente agli stati modificati di coscienza, interessandosi, nella sua lunga carriera di ricercatore, alle culture nordafricane e afroamericane, facendo particolare riferimento ai temi della dissociazione e della trance.
Il suo primo libro fu “Il mito dell’adulto”, un saggio dove sosteneva l’ipotesi dell’uomo come essere incompiuto che trova la molla per una sua costante ricerca, intesa dialetticamente anche come trasformazione dell’esistente, proprio in questa sua incompiutezza.

condividi su: