In questi giorni è stato arrestato un ragazzo somalo per tentato stupro e ovviamente condanniamo il fatto e siamo solidali con la donna che è stata vittima di questa violenza. Ci sembra assurdo ci sia il bisogno di scriverlo.
Lo stupro e il femminicidio sono il vertice della piramide della violenza di genere che ha alla base comportamenti discriminatori, molesti e sessisti. I comportamenti alla base della piramide sorreggono e legittimano quelli che sono in cima.
In aggiunta a questo, trovare il singolo capro espiatorio o i singoli colpevoli è un modo per creare una giustificazione collettiva.
I singoli vanno puniti ma fondamentale è guardare oggettivamente e ribaltare una cultura profondamente machista. È chiaramente importante cercare le persone responsabili e denunciarle, ma per una evoluzione collettiva e sociale “non vanno cercate le mele marce ma quello che le fa marcire. Non c’è possibilità di zona grigia; se non c’è consenso è violenza”.
Non possiamo non notare come in ogni caso di molestia, stupro o femminicidio attuato da persone straniere, questo dato o la gradazione di colore della loro pelle sia sempre indicata nei titoli dei giornali; mentre quando si tratta di persone italiane, bianche o in divisa queste caratteristiche non vengano mai messe in evidenza.
Crediamo che sia un modo per attribuire la violenza di genere allo straniero e all’altro da noi, assolvendo la nostra società e noi stessi.
La cultura e la società in cui viviamo, invece, sono profondamente sessiste e patriarcali, il machismo si respira in ogni ambito della vita fin dalla nascita, è parte dell’educazione che le persone ricevono in questo Paese.
Il modello di società è organizzato in base a questi dispositivi: che sia un welfare familistico tutto appoggiato sulla figura femminile, il supporto non pervenuto alle madri, il gender pay gap, la discriminazione di genere nelle assunzioni e potremmo andare avanti all’infinito.
È forse per questo che la denuncia dell’innegabile violenza di genere avvenuta durante l’adunata degli alpini e sostenuta da tantissime testimonianze, relative anche a precedenti adunate, crea così tanta divisione e viene percepita come una minaccia. Anche perché non andiamo a cercare un singolo colpevole ma stiamo facendo un discorso sistemico. A questo, infatti, si stanno aggiungendo tantissime altre testimonianze di violenze sessuali che numerose donne in Italia, in contesti di grandi eventi e non solo, stanno subendo.
I collettivi transfemministi autonomi sono gli unici che hanno da subito raccolto e segnalato queste violenze, dimostrandosi i soli soggetti che hanno recepito quanto la Convenzione di Istanbul impone alla legge italiana, ovvero attuare piani e misure di prevenzione su tutte le violenze di genere e sessuali, non limitandosi al Codice Rosso. Questa è una rivendicazione femminista e transfemminista, ma anche e soprattutto una responsabilità istituzionale, disattesa.
Le persone che sono parte di questi collettivi stanno subendo stigmatizzazione e intimidazioni per il lavoro di emersione e di supporto alle vittime di questi fatti; a livello territoriale, infatti, le istituzioni locali non hanno condannato pubblicamente questi fatti relegandoli a episodi eccezionali e isolati, accusando i collettivi di strumentalizzazione.
Ci viene detto che i 168 milioni di introiti portati dall’adunata dovrebbero essere motivo di silenzio. Quello che chiediamo è una riforma della cultura patriarcale dalle fondamenta ed è questa forse la cosa più difficile da accettare per una classe dirigente che è disposta a barattare la dignità e la sicurezza delle donne e delle soggettività lgbtqi+ per un incasso in più.
Ci vediamo Giovedì 19 Maggio alle ore 18 all’ @Incontro pubblico – Oltre l’Adunata presso la Piazzetta Francesca da Rimini.
AUTODIFESA TRANSFEMMINISTA
Non Una Di Meno Rimini/
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Casa Madiba Network/