Presidio itinerante con Non Una di meno contro la sfilata dei nazi in città

condividi su:
Domani con Non una di meno Rimini ci ritroviamo alle ore 16.00 a Casa Madiba per presidiare gli spazi e per muoverci poi con un presidio itinerante nel centro storico di Rimini contro l’ennesima sfilata dei fascisti in città. Per ribadire ancora una volta quello che si costruisce e pratica quotidianamente nei nostri percorso, perché non vogliamo nessuna guerra sociale sui nostri corpi, sulla nostra vita, nella nostra città.
#NaziFuckOff #NoNaziInMyTownCHIEDIAMO MASSIMA DIFFUSIONE E PARTECIPAZIONE!

Nessuna guerra sociale sui nostri corpi!

Siamo alla fine di un’estate segnata dal fenomeno delle ronde fasciste e da una propaganda xenofoba sempre più intensa su molti fronti. Questi fenomeni portano a crescenti episodi di violenza razzista, prendendo la forma di una vera caccia all’uomo nero (come dimostrano i recenti fatti di Jesolo). Il governo, però, rifiuta tuttora di riconoscere il carattere razzista che accomuna tutti questi eventi violenti, continuando a parlare di fatti isolati.

Questa estate come Non Una di Meno Rimini abbiamo segnalato e contrastato più volte le azioni di Forza Nuova che orgogliosamente stava sbandierando una “collaborazione internazionale” con gruppi di estrema destra polacchi col fine di un pattugliamento squadrista del territorio riminese.

Le orribili violenze che molte donne hanno subito nella nostra città in questi ultimi anni vanno condannate senza alcuna rilevanza per la provenienza degli individui protagonisti di queste vicende e non ipocritamente strumentalizzate per perseguire politiche xenofobe come sta attualmente facendo Forza Nuova.

Una risposta femminista all’ondata di neofascismo è indispensabile in quanto la retorica fascista xenofoba si appropria volentieri dei discorsi contro la violenza sulle donne per agire violenza razzista. L’attentato di Macerata, all’inizio dell’anno, era già stato giustificato come vendetta in seguito a un femminicidio, e le ronde di quest’estate si presentavano come iniziative per garantire la sicurezza della donna bianca da un aggressore sempre presentato come straniero, invasore e addirittura chiamato “bestia”.

Proprio in quanto donne beneficiarie di questa protezione non possiamo non esplicitare il nostro dissenso e precisare con forza che queste iniziative non sono né richieste né desiderate da noi. Non solo perché la retorica fascista, come ben sappiamo, è prettamente eteropatriarcale, e se ci vuole proteggere è per meglio ridurci al ruolo tradizionale di moglie, madre, fanciulla indifesa e dipendente; ma ancora di più perché rifiutiamo di essere il soggetto cui il fascista assicura protezione. Ci rifiutiamo di essere il pretesto con il quale il fascista giustifica la violenza razzista su altri corpi da lui giudicati “subalterni”. Di pretesto si tratta effettivamente, questo è sicuro, poiché l’urgenza di denunciare la violenza contro le donne scompare del tutto nel momento che questa violenza viene agita da due aspiranti poliziotti bianchi.

La nostra protezione la assicuriamo noi stesse attraverso l’autodeterminazione: attraversando numerose quegli spazi che certa retorica vorrebbe farci sentire come “non nostri”, usando il subdolo strumento della paura. Se c’è qualcuno di cui diffidare è proprio il fascista che si aggira in gruppo con l’intenzione dichiarata di farsi “giustizia” da solo con l’uso di forza e intimidazione.
Una delle risposte praticabili a questa ondata di paura può essere il riutilizzo di immobili sfitti e abbandonati in chiave sociale che può diventare un modo per riappropriarci del concetto di “sicurezza” e declinarlo in chiave femminista. La sicurezza per noi non è rappresentata dal chiudere gli spazi ma dal fargli acquisire una funzione sociale e di uso comune. Solo questo può creare dei legami nella società e ribaltare la retorica di una “sicurezza” basata sulla chiusura degli spazi e sul controllo militare. È incentivando: aggregazione, mutualismo, progetti abitativi, cultura, socialità che possiamo davvero fare sicurezza sociale.

Come Non Una di Meno non resteremo a guardare, e porteremo in città, come ci piace fare, in maniera festosa colorata ed inclusiva, il nostro dissenso a questo stato di cose, perché le strade sicure le fanno le persone che le attraversano!

 

 
condividi su: