Anche quest’anno, la Scuola Pop Madiba ha riaperto le porte a tutti e tutte coloro i quali hanno necessità e voglia di apprendere la lingua italiana.
Da cinque anni, insegnanti, studenti, lavoratori precari, pensionati mettono a disposizione ore della propria giornata per poter portare avanti questo progetto condiviso con Casa Madiba Network e l’associazione di volontariato Rumori Sinistri.
Negli anni, il numero di studenti è cresciuto e si è cercato di mantenere uno spazio dove si è liberi di entrare senza distinzioni di razza, sesso, religione e senza l’obbligo di dover esibire un documento che attesti la propria presenza nel mondo.
Ci sono obblighi da ottemperare ma sono legati strettamente al rispetto e alla condivisione senza pregiudizi.
I dati raccolti nel tempo sono innumerevoli e della più svariata natura, siamo partiti nel 2013 con pochi ragazzi fuoriusciti dal progetto “Mare Nostrum”, abitanti dello stabile allora occupato per arrivare all’anno appena trascorso con una elevata frequentazione abbastanza stabile.
Le persone che hanno frequentato durante l’anno sono state più di ottanta.
Abbiamo provato a stilare dei dati statistici che ci permettessero di poter trarne alcune riflessioni e/o conclusioni.
Siamo riusciti a stilare 33 questionari che ovviamente non costituiscono il totale dell’utenza ma che danno dei dati chiari sulle persone più assidue.
Ciò che è doveroso specificare è la natura precaria di chi frequenta o attraversa per un dato periodo una scuola di lingua italiana per stranieri.
Per la maggior parte, sono persone soggette a molti vincoli e a continui spostamenti dovuti al cambio di domicilio, alla ricerca di una casa o di un lavoro.
Abbiamo deciso di fare questo questionario per capire quali sono le reali esigenze delle persone migranti che attraversano la nostra scuola e da questi siamo riusciti ad avere un quadro chiaro e politico sulla situazione di molti migranti che vivono nel territorio riminese.
La maggioranza dei frequentanti della scuola è di sesso maschile. Sono poche le donne, infatti, che riescono a frequentare (soprattutto il pomeriggio) la scuola, la presenza molto più labile è dovuta anche al fatto che alcune di loro hanno dei bambini di piccola età e non ci sono sevizi a cui affidare i/le bambini/e altre invece lavorano soprattutto in case come badanti e non riescono a poter liberarsi in orari precisi.
L’età media è di 25 anni. In linea di massima, l’anno di nascita è compresa tra il 1981 e il 2001 sono infatti i giovanissimi che sono riusciti ad arrivare in Italia e ad attivarsi su più fronti per migliorare il proprio status e cercare un riscatto nel percorso migratorio.
La maggior parte è proveniente dall’Africa sub-sahariana: Guinea, Ghana, Gambia, Senegal, Costa d’Avorio, Mali, Togo.
In maniera minoritaria, proviene dal Bangladesh e dal Pakistan.
Dalle domande fatte, è venuto fuori che solo due sono arrivati in Italia nel biennio 2014/15, ben 20 persone nel 2016 e 10 nel 2017.
Tutti i ragazzi provenienti dall’Africa sono arrivati in Italia attraverso la tratta via mare dalla Libia a bordo di barconi, per raggiungere la Libia, molti hanno fatto viaggi a piedi o con mezzi di fortuna e per raggiungere l’Italia si sono messi, in mano a scafisti, su piccole imbarcazione non adatte alla traversata, spesso gli orrori e i maltrattamenti subiti nei viaggi vengono raccontati con gradissimo dolore durante le giornate della scuola e le condizioni dei campi Libici tanto taciute dai governi sono ben ricostruite da chi quelle torture le ha vissute.
Solo uno proveniente dal Senegal è arrivato in aereo (facendo scalo a Parigi), per ricongiungersi con il fratello da molti anni residente a Forlì.
Dall’Asia, ivece, si raggiunge l’Europa attraverso la rotta balcanica percorsa, per la maggior parte del tragitto, a piedi incrociando diversi confini che vengono aperti o chiusi a seconda dei giochi di potere che vengono fatti sulla pelle dei e delle migranti.
Quasi tutti sono sbarcati in Sicilia e sono arrivati nel territorio passando prima dai vari centri di smistamento di Bologna e alcuni di Milano.
Non vivono solo nella città di Rimini ma anche a Coriano, Poggio Torriana, Riccione, Novafeltria, Verucchio.
Sono alloggiati per lo più in appartamenti, alcuni in hotel gestiti da cooperative sociali operanti nel territorio.
Le difficoltà maggiori si sono presentate quando i ragazzi della scuola provenivano da strutture gestite da privati o cooperative poco affidabili che mettevano a disposizione alloggi ma che non rispondevano in maniera adeguata ai bisogni primari dei richiedenti asilo.
A questo come scuola abbiamo risposto con azioni mirate a salvaguardare i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione e soprattutto dalla nostra coscienza tramite presidi pubblici, azioni di monitoraggio, tavoli di mediazioni e azioni concrete volte a tamponare i bisogni e a denunciare la situazione.
Dei 33 che hanno risposto al questionario, alla domanda se mancassero dei servizi nella struttura che li ospitava, alcuni dichiaravano un inadeguato appoggio legale, un supporto altalenante nel tentativo di trovare un lavoro e, soprattutto, uno scarso impegno nell’assistenza medica.
Ad altri, veniva tolto il diritto alla mobilità e ad un vestiario adeguato.
In questo momento storico in cui si sta perdendo ogni adesione alla realtà e ad un approccio umano verso le difficoltà altrui, non deve sembrare strano che per alcuni le mancanze rivelateci vengano rubricate come inezie o semplici capricci di chi non è abituato a guadagnarsi con le proprie mani ciò di cui necessita.
Ma se ci fermassimo un attimo a cercare di ricordare chi siamo stati e chi sono stati i nostri nonni o i nostri genitori, la loro vita e le loro vicissitudini, guarderemmo tutto ciò con occhi diversi.
O, semplicemente, guarderemmo ciò che veramente avviene di fronte ai nostri occhi.
Come singola scuola, non vogliamo trarre conclusioni totalizzanti.
Ma ciò che viene fuori è un inasprimento delle regole di civile condotta e di imbarbarimento della vita quotidiana a discapito non solo dei migranti, soggetti altamente vulnerabili, ma anche degli italiani che, perdendo il lavoro o la casa, sono costretti a vivere per strada e a non vedersi garantiti i diritti fondamentali, situazione grave e reale che riscontriamo anche negli innumerevoli colloqui tenuti quotidianamente presso Casa don Andrea Gallo.
Quest’anno abbiamo voluto aggiungere un’apertura serale della scuola proprio per alcuni abitanti di Casa don Andrea Gallo che lavorano e non possono essere presenti il pomeriggio.
Un ultimo dato che è doveroso e importante dare è l’alta percentuale di presenza di semi o totali analfabeti.
Quasi la metà delle persone che abbiamo conosciuto nel tempo, non avevamo mai avuto modo di poter frequentare una scuola nel loro paese di origine o avevamo frequentato solo per poco tempo.
Non è superfluo specificare cosa possa voler dire arrivare a diventare adulti senza essere capaci di leggere una scritta qualunque incontrata per strada o saper scrivere il proprio nome correttamente.
Essere impossibilitati a leggere e a scrivere è una delle forme più violente di schiavitù fisica e morale.
Noi siamo ciò che riusciamo a leggere intorno a noi, noi possiamo essere liberi nella misura in cui riusciamo ad avere uno sguardo critico rispetto a tutto ciò che incontriamo quotidianamente.
Non si può essere liberi senza saper riconoscere la parola Libertà.
Il fine della nostra scuola è il fine comune di chi crede che solo aprendo le porte, i porti e le menti si possa continuare a definirci umani.
Casa Madiba Network e la Scuola Pop Madiba festeggiano i cinque anni di vita e resistenza e, nel contempo, ricordano l’anniversario dei cinque anni dalla scomparsa di Nelson Mandela.
Mandela (Madiba era il nomignolo-titolo onorifico dato alla sua etnia) che continua a vivere attraverso il nome e le pratiche dei vari progetti e che ripeteva una frase semplice ed efficace: “ “L’ISTRUZIONE E’ L’ARMA PIU’ POTENTE PER CAMBIARE IL MONDO”.
La scuola Popolare Madiba vi invita quindi ad attivarvi:
- partecipa alle progettualità del network di Casa Madiba
- Vieni e invita al corteo del 22 dicembre che partirà alle h 15 dall’Arco d’Augusto di Rimini per gridare insieme UNA CASA PER TUTT*