Sardine a Rimini. Alcune considerazioni sulla mobilitazione di domenica scorsa

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SULLA PIAZZA DI DOMENICA SCORSA…
«Ci vado anche io in piazza con loro», aveva detto qualche giorno prima di venire a Rimini.
Noi eravamo pront* ad accoglierti Matteo, a proteggere con un cordone femminista e meticcio una piazza che non si era mai vista. Ma poi hai preferito fare altro di fronte ad un fatto, sicuramente, inedito per una città come Rimini.
6.000 persone dicono alcuni, 10.000 altri, hanno riempito piazza Cavour e tutte le vie di accesso laterale, un flash mob enorme che ha mobilitato migliaia di persone. Siamo consapevoli che una piazza così piena non si vedeva da tantissimi anni dicono i più vecchi – possiamo anzi dire qualche decennio – e siamo consapevoli di quanto sia stato importante viverla e cercare di conoscerla da vicino e non essere altrove.
Abbiamo deciso di attraversare questo appuntamento con i nostri corpi e con le battaglie quotidiane che portiamo avanti nel nostro territorio, con immagini e messaggi chiari, veicolati mediante un linguaggio performativo. Sulle sagome a forma di sardine preparate durante il laboratorio a Casa Don Gallo insieme agli abitanti cerano le immagini delle lotte che dal Sud America ad Honk Kong stanno rivendicando autoderteminazione e democrazia, quelle del Chiapas e del Rojava.
Abbiamo sottolineato come le Leggi Sicurezza (Minniti/Orlando e i due decreti Salvini) ancora in vigore abbiano svuotato il Mediterraneo dalle ONG e continuino a produrre morti, clandestinità ed insicurezza sociale e che a fronte del cambio di Governo tutto è immutato. Abbiamo ricordato le nostre sorelle Marielle e El Mimo e tutte le donne uccise dalla violenza patriarcale insita nelle istituzioni e nella società, così come l’importanza delle battaglie ecologiste e degli scioperi per il clima.
Dai microfoni, mentre Piazza Cavour era sempre più gremita, invitavano a non rispondere alle eventuali provocazioni se Salvini si fosse presentanto, a rimanere in silenzio. Noi, lo diciamo, non eravamo d’accordo. Abbiamo pensato al grido muto del corteo contro la violenza maschile di Sabato scorso a Roma, promosso da Non Una di Meno, al quale avevamo appena partecipato. Ma quel grido muto non è rimasto silente, è stato rotto dalle migliaia di voci, cori e corpi di persone che erano nelle strade della nostra capitale contro la violenza patriarcale. Un’energia potente che non si è livellata in un’unica pratica ma che si è espressa in forma rizomatica e molteplice e non in un uno. Con la stessa energia i nostri corpi e le nostre voci sono state dentro quella piazza che non può e non deve essere ridotta e riassunta nella sola opposizione a Salvini.
Il consenso crescente alla Lega è il prodotto di un sistema politico, sociale, ambientale ed economico profondamente ingiusto che trova nelle figure create ad hoc come Salvini (ma si potrebbe dire di Trump, Bolsonaro ecc ecc) e nella destra sovranista globale delle risposte a quelle paure che anche le politiche neoliberali e socialdemocratiche hanno fomentato. Nessuno sta dando risposte vere a queste contraddizioni che siano le migrazioni globali, la violenza maschile sempre più crescente, il cambiamento climatico e l’impoverimento diffuso.
Sarebbe pertanto un errore ridurre e schiacciare queste enormi mobilitazioni in delle piazze che hanno solo come unico orizzonte il contrasto a Salvini senza portarle ad una riflessione più ampia sul contesto in cui siamo immersi, sulle profonde disuguaglianze, sulla necessità di una discontinuità politica che fatica per ora a concretizzarsi in scelte politiche differenti che non siano l’espressione di apparati e lobby di potere anche nella nostra Regione. Pensiamo per es. a cosa sono oggi le cooperative come sistema di potere e di sfruttamento. Su questo Bonaccini e il Pd devono fare i conti, se vogliono provare a vincere. Perché fuori dalle città della Regione, il vento sovranista soffia troppo forte.
Ci piace immaginare queste piazze come primi spazi e primi momenti di riappropriazione dello spazio pubblico, uno spazio in cui persone comuni possono darsi la forza per continuare e/o riprendere a mobilitarsi, ritrovarsi e confrontarsi. Sarebbe importante che questi processi si dessero in forma spontanea e rizomatica e non fossero eterodiretti da chissà quale cabina di regia, che detta le regole di comportamento, i contenuti, le parole d’ordine.
Bisognerebbe imparare dal movimento di Non Una di meno e di Fridays For Future le pratiche e le forme di partecipazione e costruzione degli obiettivi comuni su cui mobilitarsi.
Ci auguriamo che questa energia, questa creatività e questa partecipazione non vadano dispersi e che questo spazio riesca a darsi degli obbiettivi politici chiari che non si limitino alla sola opposizione alla destra sovranista ma siano capaci di ibridarsi con battaglie e lotte cruciali come quella ecologista, quella tranfemminista, quella per la libertà di movimento e per un permesso di soggiorno europeo, quelle contro il lavoro povero e sul welfare, quelle per città accoglienti e per un abitare degno. Speriamo inoltre che questo spazio non si chiuda in dogmi dettati dall’alto o da pochi leader ma che riesca il più possibile a contaminare e a farsi contaminare.
Solo così si può pensare ad un avanzamento in termini politici di questa grande partecipazione e voglia di protagonismo.
CASA MADIBA NETWORK 
 
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