Dopo i Motus adoperati per il lancio del progetto di riqualificazione del cinema Astoria, il sindaco re del marketing Gnassi (PD) impiega un altro artista “quotato” Maurizio Cattelan (affiancato dal fotografo Pierpaolo Ferrari) per rifarsi il look da re della cultura in chiave contemporary radical chic in vista delle prossime elezioni. Dal primo Luglio tutta la città balneare è tappezzata da giganti manifesti (6x3m) in cui l’enfant terrible dell’arte propone, accanto all’accogliente scritta “Saluti da Rimini”, una serie d’immagini stile vintage, irriverenti e ironiche, che giocano con i tipici stereotipi della riviera romagnola. Percepita come una campagna di “arte pubblica” – e definita dal sindaco “la nuova immagine identitarià di Rimini” e dalla curatrice Maria Cristina Didero “un progetto per la città” – l’iniziativa finanziata e promossa del comune in realtà non è altro che un modo camuffato per fare campagna elettorale a spese dei cittadini, facendo un uso strumentale dell’arte che si vede ancora ridotta ad un’operazione di design e di marketing al servizio della governance locale.
Dopo essere stato per anni un laboratorio al negativo del PD dove sperimentare le nuove politiche lavorative di sfruttamento, discriminazione e precariato che poi sono state formalizzate a livello nazionale con la riforma del Jobs Act, Rimini sta diventando, sotto la direzione “creativa” del brand setter Gnassi, il terreno per un nuovo esperimento sociale che stavolta vede investito il campo delle politiche culturali. Al nuovo mega cartellone auto-promozionale di Rimining, con cui il sindaco cavalca l’onda onnivora dei grandi eventi culturali alla EXPO che sfruttano le risorse pubbliche e i lavoratori per dare maggiore visibilità (e maggiori incassi) ad una costellazione di vari protagonisti del privato – si accostano, ma in realtà vengono sussunte, anche le iniziative artistiche a stampo contemporaneo che si dichiarano intente a attivare “processi partecipativi e dal basso”, ad aprire “dibattito civile, costruttivo, sul senso del fare” a stimolare la cittadinanza a “fare qualcosa di nostro per la nostra città”.
Al di là della questione del merito, della qualità degli interventi e delle buone intenzioni degli artisti cooptati dall’alto per fare/provocare le cose “dal basso” [anche se ci sarebbe molto da dire sull’uso interessato da parte degli stessi artisti dei discorsi/segni politicamente radicali e provocatori, per lo più funzionale a nutrire la propria immagine di artista “rivoluzionario” mentre di fatto si collocano in modo perfettamente assoggettato al sistema istituzionale dell’arte contemporanea] quel che si verifica a Rimini è un problema strutturale e di fondo – un problema culturale e dunque anche politico che va’ ben oltre i confini del singolo territorio.
Come è possibile che gli artisti e curatori coinvolti non si rendano conto del specifico contesto politico, e di conseguenza culturale, in cui viene inserita la loro proposta “creativa”? Come è possibile che non si informino prima sul loro datore di lavoro – un sindaco macchiato da recenti violenti sgomberi e da manganellate contro i compagni del territorio che lottano per il diritto alla casa e contro lo sfruttamento del lavoro stagionale nel settore turistico, un politico/partito compromesso da recenti scandali con “neve” di sfondo, armi, estorsioni e denaro falso, campagne mediatiche denigratorie verso chi nella città si batte quotidianamente per l’uguaglianza e la dignità di tutti/e, il licenziamento improvviso di un’attivista e sindacalista locale coinvolta nell’ultima ri-occupazione di un spazio comunale… Oppure si rendono ben conto di tutto questo ma gli importa poco perché insomma che cosa c’entra l’arte con l’emergenza abitativa, con gli attivisti pestati e umiliati, con la logica culturale dei grandi eventi, a sfondo di traffici illeciti, con la cattiva politica del sindaco-re di turno (e poi insomma ci sono gli onorari da incassare, perché anche gli artisti devono pur vivere di qualcosa). Un errore di valutazione? È questo il modo in cui Rimini deve “reinventarsi” dopo l’ormai remoto boom turistico-economico degli anni 60-80, dopo la fine dello “scenario di quel fantastico mito” della città del divertimento (e della decadenza) dipinto da Fellini nelle surreali scene del Grand Hotel di Amarcord?
Ma la speranza in questo scenario distopico c’è. Proprio in questi mesi a Rimini sta prendendo corpo WHAT FOR?, un soggetto-progetto insolito e ibrido concepito dal basso in forma di un laboratorio migrante internazionale per le diverse politiche territoriali, e che vede impegnata accanto ad alcune realtà sociali, lavorative e culturali fortemente radicate nel territorio un’ampia e variegata comunità plurinazionale di artisti, studiosi, attivisti, filosofi, giornalisti, studenti, migranti, lavoratori e cittadini. Partendo proprio dalla situazione endemica tristemente reale e fortemente simbolica del territorio di Rimini e con uno sguardo che va’ oltre, WHAT FOR? s’interroga e sperimenta proprio sul cosa fare – per che cosa – con chi e come?
Come attuare il potenziale trasformativo del nostro fare artistico-sociale-quotidiano, come ribaltare l’attuale politica delle governance le cui sole opzioni sono “o la sussunzione o la repressione”, come sovvertire il paradigma lavorista per liberarsi dal ricatto del lavoro salariato, come scioperare i mostri divoranti che sono diventati i musei-biennali-festival-teatri e altri eventi culturali tramutati in dispositivi per la rappresentazione e la neutralizzazione del conflitto sociale e della politica? Il senso di un lavoro, anche di quello artistico, non può essere estrapolato dai rapporti di produzione attraverso cui viene realizzato, di cui è intriso, e dal contesto territoriale, istituzionale e politico in cui è inserito e prodotto. Per questo WHAT FOR? si apre alle varie realtà attive sul territorio che hanno energie molto maggiori di quanto le nostre governance possano amministrare e controllare.
Abbiamo lanciato il segnale
abbiamo prodotto un segno
abbiamo creato un virus
abbiamo marcato il territorio
stiamo ridisegnando la mappa del potere
stiamo sbilanciando il rapporto di forze in campo
siamo WHAT FOR?
we’ll be back soon… stay tuned!